ESERCIZI SPIRITUALI NEL QUOTIDIANO 2020 – III
FARSI PROSSIMO
STATIO: IN SILENZIO, METTIAMOCI ALLA PRESENZA DEL SIGNORE
Invochiamo lo Spirito Santo (San Bernardo, † 1153)
O Spirito santo
in te solo posso esclamare: Abbà, Padre.
Sei tu, o Spirito di Dio,
che mi rendi capace di chiedere e mi suggerisci che cosa chiedere.
O Spirito d’amore,
suscita in me il desiderio di camminare con Dio:
solo tu lo puoi suscitare.
O Spirito di santità,
tu scruti le profondità dell’anima nella quale abiti,
e non sopporti in lei neppure le minime imperfezioni:
bruciale in me, tutte, con il fuoco del tuo amore.
O Spirito dolce e soave,
orienta sempre più la mia volontà verso la tua,
perché la possa conoscere chiaramente,
amare ardentemente e compiere efficacemente. Amen.
LECTIO: PARLA, SIGNORE, IL TUO SERVO TI ASCOLTA!
Facciamo silenzio, prima di ascoltare la Parola,
perché i nostri pensieri sono già rivolti verso la Parola;
facciamo silenzio, dopo l’ascolto della Parola,
perché questa ci parla ancora, vive e dimora in noi.
Facciamo silenzio la mattina presto,
perché Dio deve avere la prima Parola,
e facciamo silenzio prima di coricarci,
perché l’ultima Parola appartiene a Dio.
Facciamo silenzio solo per amore della Parola. (D. Bonhoeffer)
Dal vangelo secondo luca (10,36-37)
36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
IN ASCOLTO DEL TESTO BIBLICO
Chi si è fatto prossimo?
Al termine della parabola del buon samaritano, Gesù fa una seconda contro-domanda al dottore della Legge, come già aveva fatto nella prima parte del dialogo. «Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti»? Gesù di nuovo guida il suo interlocutore perché cerchi in se stesso la risposta alla sua domanda, perché si esponga e si metta in gioco.
La questione non è tanto chiarire teoricamente ‘chi è il mio prossimo’, chi devo amare secondo la legge; non è neanche chiarire cosa sono tenuto a fare secondo la Legge al prossimo una volta individuato. La questione è più profonda: cosa significa farsi prossimo, essere prossimo, vicino, attento, come Gesù di fronte al dolore della vedova che vede morire il suo unico figlio (cfr. Lc 7,13)? Il dottore della legge, ascoltata la storia raccontata da Gesù, può rispondere in un solo modo: «Chi ha avuto compassione di lui», (lett. «Colui che ha usato misericordia con lui»). Scriveva S. Ambrogio commentando questo episodio del Vangelo: “Non il sangue, ma la compassione crea il prossimo”.
Gesù ha raggiunto l’obiettivo della sua sapiente pedagogia. Ha raccontato questa storia esemplare dal punto di vista del ferito perché vuole farci entrare nella sua pelle; non gli ha dato un’identità precisa, gli basta farci sapere che è un qualsiasi membro della famiglia umana. Così ci porta ad interrogarci sull’identità del prossimo non a partire dal samaritano, ma a partire dall’uomo ferito. Alla fine si può solo rispondere come fa il dottore della legge: se mi trovo nella sofferenza, chiunque io sia, desidero solo che un altro si riconosca prossimo per me.
«Va’ e anche tu fai lo stesso».
L’insegnamento di Gesù non è certo solo per il dottore della Legge. Ciascuno di noi è provocato a riflettere su se stesso e il suo essere-per-l’altro al modo di Gesù. Non esiste un elenco di categorie precostituito: poveri, malati, extracomunitari e quant’altro… un elenco chiuso di “prossimi” che Gesù ci lascia. Il Signore ci chiede di cambiare profondamente il nostro atteggiamento verso l’altro, di deciderci di assumere uno stile di vita al modo del samaritano che si fa prossimo di uno sconosciuto che incontra per la strada, una persona ferita, sporca di sangue e quindi, secondo la Legge, impura. Il sacerdote e il levita non lo toccano; il samaritano, un ‘fuorilegge’ secondo i giudei, al contrario si fa prossimo osservando non l’esteriorità della legge, ma lo spirito della legge, che comanda di amare il prossimo (Lv 19,18). Questo prossimo non è quindi solo l’amico, il conoscente, colui che è legato da qualche legame affettivo o di appartenenza religiosa o di clan. È il tale senza nome ferito che mi passa accanto e al quale Gesù mi chiede di farmi prossimo, annullando le distanze, lasciando parlare il cuore e non passando oltre. Allora potrò scorgere le sue ferite, i suoi bisogni e prendermi cura di lui. Senza questa attitudine di prossimità, potremmo passare tutta la vita accanto alle persone senza accorgerci mai del loro bisogno di aiuto.
Il samaritano ha avuto compassione dell’uomo che incontra nel suo cammino e con lui trova la strada della vita eterna. Sta a noi, in epoche, situazioni e contesti diversi, trovare ogni volta la modalità di farci prossimo dei fratelli. Sulla strada dell’uomo c’è sempre un brigante in agguato che cerca di rubare la dignità, la speranza, la libertà, il desiderio di giustizia. “Fa’, o Signore, che quest’uomo spogliato di tutto, possa scoprire che sulla stessa strada c’è un amico che decide di fermarsi, dare attenzione e cura, nella misura del suo bisogno”.
Il sacerdote e il pubblicano avevano probabilmente valide ragioni per non fermarsi: un orario da rispettare, la purità necessaria per il servizio liturgico al Tempio, cose certamente importanti, ma che li rendono indifferenti nei confronti della sofferenza.
Nell’enciclica Salvifici Doloris Giovanni Paolo II scrive: «La parabola del buon Samaritano appartiene al Vangelo della sofferenza. Essa indica, infatti, quale debba essere il rapporto di ciascuno di noi verso il prossimo sofferente. Non ci è lecito “passare oltre” con indifferenza, ma dobbiamo fermarci accanto a lui. Buon Samaritano è ogni uomo che si ferma accanto alla sofferenza di un altro uomo, qualunque esso sia. Quel fermarsi non significa curiosità, ma disponibilità. Questo è come l’aprirsi di una certa disposizione del cuore, che ha anche la sua espressione emotiva. Buon Samaritano è ogni uomo sensibile alla sofferenza altrui, l’uomo che si commuove per la disgrazia del prossimo. Se Cristo, conoscitore, conoscitore dell’interno dell’uomo, sottolinea questa commozione, vuol dire che essa è importante per tutto il nostro atteggiamento di fronte alla sofferenza altrui» (SD 28).
Una domanda scomoda
Domandiamoci se anche noi oggi, con la fretta che i tempi moderni ci impongono, rischiamo di non aver tempo per fermarci di fronte a colui che si trova nel bisogno sulla nostra strada. Spesso tentiamo di giustificarci pensando: «Io, da solo, cosa posso fare? Provvedere a chi è nella necessità non spetta a me; se ne devono occupare le istituzioni: lo Stato, la Chiesa, la Caritas, altre associazioni che hanno questo scopo… ».
La pandemia in corso ci ha obbligati a fermarci, a ripensare ai nostri ritmi, le nostre relazioni, a riflettere su ciò che davvero conta. Approfittiamo di questi giorni per imprimere nel nostro cuore la parola di Gesù che dice a ciascuno/a: prenditi cura del fratello e io ti ricompenserò al mio ritorno. Forse non sono soltanto i briganti a rendere difficile la strada dell’uomo, ma anche l’indifferenza dei buoni. Riflettiamo e chiediamo al Signore di donarci un cuore di carne capace di amare come lui ama. “L’unica maniera di amare come ha amato Gesù è uscire continuamente dal proprio egoismo e andare al servizio degli altri” (papa Francesco).
MEDITATIO: LA PAROLA RISUONI NEI NOSTRI CUORI
Leggiamo e rileggiamo il testo biblico perché la Parola risuoni nel nostro cuore.
PER ACCOMPAGNARE LA MEDITAZIONE (Fratelli tutti, 72-83)
I personaggi
72. La parabola comincia con i briganti. Il punto di partenza che Gesù sceglie è un’aggressione già consumata. Non fa sì che ci fermiamo a lamentarci del fatto, non dirige il nostro sguardo verso i briganti. Li conosciamo. Abbiamo visto avanzare nel mondo le dense ombre dell’abbandono, della violenza utilizzata per meschini interessi di potere, accumulazione e divisione. La domanda potrebbe essere: lasceremo la persona ferita a terra per correre ciascuno a ripararsi dalla violenza o a inseguire i banditi? Sarà quel ferito la giustificazione delle nostre divisioni inconciliabili, delle nostre indifferenze crudeli, dei nostri scontri intestini?
73. Poi la parabola ci fa fissare chiaramente lo sguardo su quelli che passano a distanza. Questa pericolosa indifferenza di andare oltre senza fermarsi, innocente o meno, frutto del disprezzo o di una triste distrazione, fa dei personaggi del sacerdote e del levita un non meno triste riflesso di quella distanza che isola dalla realtà. Ci sono tanti modi di passare a distanza, complementari tra loro. Uno è ripiegarsi su di sé, disinteressarsi degli altri, essere indifferenti. Un altro sarebbe guardare solamente al di fuori. Riguardo a quest’ultimo modo di passare a distanza, in alcuni Paesi, o in certi settori di essi, c’è un disprezzo dei poveri e della loro cultura, e un vivere con lo sguardo rivolto al di fuori, come se un progetto di Paese importato tentasse di occupare il loro posto. Così si può giustificare l’indifferenza di alcuni, perché quelli che potrebbero toccare il loro cuore con le loro richieste semplicemente non esistono. Sono fuori dal loro orizzonte di interessi.
74. In quelli che passano a distanza c’è un particolare che non possiamo ignorare: erano persone religiose. Di più, si dedicavano a dare culto a Dio: un sacerdote e un levita. Questo è degno di speciale nota: indica che il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace. Una persona di fede può non essere fedele a tutto ciò la fede stessa esige, e tuttavia può sentirsi vicina a Dio e ritenersi più degna degli altri. Ci sono invece dei modi di vivere la fede che favoriscono l’apertura del cuore ai fratelli, e quella sarà la garanzia di un’autentica apertura a Dio. San Giovanni Crisostomo giunse ad esprimere con grande chiarezza tale sfida che si presenta ai cristiani: «Volete onorare veramente il corpo di Cristo? Non disprezzatelo quando è nudo. Non onoratelo nel tempio con paramenti di seta, mentre fuori lo lasciate a patire il freddo e la nudità». Il paradosso è che, a volte, coloro che dicono di non credere possono vivere la volontà di Dio meglio dei credenti.
75. I “briganti della strada” hanno di solito come segreti alleati quelli che “passano per la strada guardando dall’altra parte”. Si chiude il cerchio tra quelli che usano e ingannano la società per prosciugarla e quelli che pensano di mantenere la purezza nella loro funzione critica, ma nello stesso tempo vivono di quel sistema e delle sue risorse. C’è una triste ipocrisia là dove l’impunità del delitto, dell’uso delle istituzioni per interessi personali o corporativi, e altri mali che non riusciamo a eliminare, si uniscono a un permanente squalificare tutto, al costante seminare sospetti propagando la diffidenza e la perplessità. All’inganno del “tutto va male” corrisponde un “nessuno può aggiustare le cose”, “che posso fare io?”. In tal modo, si alimenta il disincanto e la mancanza di speranza, e ciò non incoraggia uno spirito di solidarietà e di generosità. Far sprofondare un popolo nello scoraggiamento è la chiusura di un perfetto circolo vizioso: così opera la dittatura invisibile dei veri interessi occulti, che si sono impadroniti delle risorse e della capacità di avere opinioni e di pensare.
76. Guardiamo infine all’uomo ferito. A volte ci sentiamo come lui, gravemente feriti e a terra sul bordo della strada. Ci sentiamo anche abbandonati dalle nostre istituzioni sguarnite e carenti, o rivolte al servizio degli interessi di pochi, all’esterno e all’interno. Infatti, «nella società globalizzata, esiste una maniera elegante di guardare dall’altra parte che si pratica abitualmente: sotto il rivestimento del politicamente corretto o delle mode ideologiche, si guarda alla persona che soffre senza toccarla, la si mostra in televisione in diretta, si adotta anche un discorso all’apparenza tollerante e pieno di eufemismi».
Ricominciare
77. Ogni giorno ci viene offerta una nuova opportunità, una nuova tappa. Non dobbiamo aspettare tutto da coloro che ci governano, sarebbe infantile. Godiamo di uno spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni. Dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite. Oggi siamo di fronte alla grande occasione di esprimere il nostro essere fratelli, di essere altri buoni samaritani che prendono su di sé il dolore dei fallimenti, invece di fomentare odi e risentimenti. Come il viandante occasionale della nostra storia, ci vuole solo il desiderio gratuito, puro e semplice di essere popolo, di essere costanti e instancabili nell’impegno di includere, di integrare, di risollevare chi è caduto; anche se tante volte ci troviamo immersi e condannati a ripetere la logica dei violenti, di quanti nutrono ambizioni solo per sé stessi e diffondono la confusione e la menzogna. Che altri continuino a pensare alla politica o all’economia per i loro giochi di potere. Alimentiamo ciò che è buono e mettiamoci al servizio del bene.
78. È possibile cominciare dal basso e caso per caso, lottare per ciò che è più concreto e locale, fino all’ultimo angolo della patria e del mondo, con la stessa cura che il viandante di Samaria ebbe per ogni piaga dell’uomo ferito. Cerchiamo gli altri e facciamoci carico della realtà che ci spetta, senza temere il dolore o l’impotenza, perché lì c’è tutto il bene che Dio ha seminato nel cuore dell’essere umano. Le difficoltà che sembrano enormi sono l’opportunità per crescere, e non la scusa per la tristezza inerte che favorisce la sottomissione. Però non facciamolo da soli, individualmente. Il samaritano cercò un affittacamere che potesse prendersi cura di quell’uomo, come noi siamo chiamati a invitare e incontrarci in un “noi” che sia più forte della somma di piccole individualità; ricordiamoci che «il tutto è più delle parti, ed è anche più della loro semplice somma». Rinunciamo alla meschinità e al risentimento dei particolarismi sterili, delle contrapposizioni senza fine. Smettiamo di nascondere il dolore delle perdite e facciamoci carico dei nostri delitti, della nostra ignavia e delle nostre menzogne. La riconciliazione riparatrice ci farà risorgere e farà perdere la paura a noi stessi e agli altri.
79. Il samaritano della strada se ne andò senza aspettare riconoscimenti o ringraziamenti. La dedizione al servizio era la grande soddisfazione davanti al suo Dio e alla sua vita, e per questo un dovere. Tutti abbiamo una responsabilità riguardo a quel ferito che è il popolo stesso e tutti i popoli della terra. Prendiamoci cura della fragilità di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino e di ogni anziano, con quell’atteggiamento solidale e attento, l’atteggiamento di prossimità del buon samaritano.
Il prossimo senza frontiere
80. Gesù propose questa parabola per rispondere a una domanda: chi è il mio prossimo? La parola “prossimo” nella società dell’epoca di Gesù indicava di solito chi è più vicino, prossimo. Si intendeva che l’aiuto doveva rivolgersi anzitutto a chi appartiene al proprio gruppo, alla propria razza. Un samaritano, per alcuni giudei di allora, era considerato una persona spregevole, impura, e pertanto non era compreso tra i vicini ai quali si doveva dare aiuto. Il giudeo Gesù rovescia completamente questa impostazione: non ci chiama a domandarci chi sono quelli vicini a noi, bensì a farci noi vicini, prossimi.
81. La proposta è quella di farsi presenti alla persona bisognosa di aiuto, senza guardare se fa parte della propria cerchia di appartenenza. In questo caso, il samaritano è stato colui che si è fatto prossimodel giudeo ferito. Per rendersi vicino e presente, ha attraversato tutte le barriere culturali e storiche. La conclusione di Gesù è una richiesta: «Va’ e anche tu fa’ così» (Lc 10,37). Vale a dire, ci interpella perché mettiamo da parte ogni differenza e, davanti alla sofferenza, ci facciamo vicini a chiunque. Dunque, non dico più che ho dei “prossimi” da aiutare, ma che mi sento chiamato a diventare io un prossimo degli altri.
82. Il problema è che, espressamente, Gesù mette in risalto che l’uomo ferito era un giudeo – abitante della Giudea – mentre colui che si fermò e lo aiutò era un samaritano – abitante della Samaria –. Questo particolare ha una grandissima importanza per riflettere su un amore che si apre a tutti. I samaritani abitavano una regione che era stata contaminata da riti pagani, e per i giudei ciò li rendeva impuri, detestabili, pericolosi. Difatti, un antico testo ebraico che menziona nazioni degne di disprezzo si riferisce a Samaria affermando per di più che «non è neppure un popolo» (Sir 50,25), e aggiunge che è «il popolo stolto che abita a Sichem» (v. 26).
83. Questo spiega perché una donna samaritana, quando Gesù le chiese da bere, rispose enfaticamente: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?» (Gv 4,9). Quelli che cercavano accuse che potessero screditare Gesù, la cosa più offensiva che trovarono fu di dirgli «indemoniato» e «samaritano» (Gv 8,48). Pertanto, questo incontro misericordioso tra un samaritano e un giudeo è una potente provocazione, che smentisce ogni manipolazione ideologica, affinché allarghiamo la nostra cerchia, dando alla nostra capacità di amare una dimensione universale, in grado di superare tutti i pregiudizi, tutte le barriere storiche o culturali, tutti gli interessi meschini.
PER RIFLETTERE DURANTE LA GIORNATA
- Prendiamo una matita e sottolineiamo quello che ci colpisce in modo particolare nei testi che abbiamo letto, quello che vorremmo comprendere meglio o vivere con maggior impegno ed entusiasmo, quello che ci sorprende, quello ci infonde coraggio…. Facciamo nostro il testo anche in questo semplice ma utile modo.
- Noi siamo spesso condizionati da una mentalità legalista: vogliamo, come il dottore della Legge, avere chiaro cosa dobbiamo fare/non fare per sentirci a posto. Gesù però non ci dà semplicemente un comandamento in più: ci chiede di farci prossimo gli uni degli altri. Ci mostra attraverso il racconto del Samaritano lo stile di Dio, che si fa prossimo di ogni uomo, che ci ama senza condizioni e ci chiede di farlo diventare il nostro stile di vita. Chiediamo al Signore di aiutarci a cogliere sempre più la profondità del suo amore incondizionato per noi; troveremo così la forza e la gioia di farci prossimo dei fratelli e sorelle che incontriamo.
- Il Signore non ci invita a farci prossimo solo nelle grandi occasioni. Non aspettiamo di incontrare qualcuno ferito dai briganti sulla nostra strada. Il farsi prossimo va declinato nella quotidianità, nelle cose semplici di tutti i giorni. Ascoltiamo papa Francesco: “Gesti piccoli, di tutti i giorni, gesti di vicinanza a un anziano, a un bambino, a un ammalato, a una persona sola e in difficoltà, senza casa, senza lavoro, immigrata, rifugiata… ognuno di noi può farsi prossimo verso il fratello e la sorella che incontra”. Il Signore ci chiede di essere trasparenza del suo amore per tutti. Decidiamo un gesto concreto che oggi possiamo fare per farci prossimo di fratello/di una sorella che soffre.
- Prendiamo la Bibbia e cerchiamo i passi della Scrittura che sono citati nei vari testi. La Scrittura illumina la Scrittura.
ORATIO: A TE, SIGNORE, SALE LA MIA PREGHIERA!
Farsi prossimo (Carlo Maria Martini, † 2012)
Signore, accresci in noi la fede
come radice di ogni vero amore per l’uomo.
Come possiamo testimoniare il tuo amore?
Tu un giorno ci hai raccontato di un uomo
che scendeva da Gerusalemme a Gerico
e fu assalito dai briganti.
Signore quell’uomo ci chiama.
Aiutaci a non restare tra le mura del cenacolo.
Gerusalemme è la città della Cena,
della Pasqua, della Pentecoste.
Per questo ci spinge fuori
per diventare il prossimo di ogni uomo
sulla strada di Gerico.
Preghiamo in particolare per la Chiesa:
Signore, proteggi sempre la tua Chiesa, sostienila nelle difficoltà, illuminala nelle scelte, rendila sempre più generosa nel servizio ai poveri e fa’ che sia nel mondo un segno vivo della tua presenza.
Concedi al nostro papa, a nostro vescovo e a tutti i fedeli la tua benedizione e la tua pace e fa’ che tutti i popoli formino una sola famiglia umana. Con fiducia ti preghiamo.
CONTEMPLATIO: DAMMI OCCHI NUOVI, SIGNORE, PER CONTEMPLARE LE TUE MERAVIGLIE!
Chiediamo con umiltà al Signore un cuore puro,
capace di vedere tutto e tutti con gli occhi buoni di Dio che è buono.
Nel silenzio (Carlo Maria Martini, † 2012)
Donaci, Gesù, di vivere questo momento di silenzio
in stretta comunione con te,
riprendendo a una a una le tue parole,
ripercorrendole, interrogandoti,
invocando la luce per intercessione di Maria, vergine della fede.
Donaci, Signore, di vivere questo momento di silenzio
raccogliendo dalle tue parole la gioia di vivere la fede.
ACTIO: SIGNORE, COSA VUOI CHE IO FACCIA?
Abbiamo ascoltato, meditato, pregato.
La Parola ci chiede di essere vissuta
nella concretezza di tutti i giorni, a cominciare da OGGI.
Ti loderò, Signore, mio Dio, con tutto il cuore Sl 86(85),12-13
e darò gloria al tuo nome per sempre,
perché grande con me è la tua misericordia:
hai liberato la mia vita!
AL MATTINO
Dal Salmo 85(84)
8 Mostraci, Signore, la tua misericordia
e donaci la tua salvezza.
9 Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli,
per chi ritorna a lui con fiducia.
10 Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.
11 Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
12 Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.
13 Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
14 giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.
Preghiera al Creatore (papa Francesco)
Signore e Padre dell’umanità, che hai creato tutti gli esseri umani con la stessa dignità,
infondi nei nostri cuori uno spirito fraterno.
Ispiraci il sogno di un nuovo incontro, di dialogo, di giustizia e di pace.
Stimolaci a creare società più sane e un mondo più degno,
senza fame, senza povertà, senza violenza, senza guerre.
Il nostro cuore si apra a tutti i popoli e le nazioni della terra,
per riconoscere il bene e la bellezza che hai seminato in ciascuno di essi,
per stringere legami di unità, di progetti comuni, di speranze condivise. Amen.
PRIMA DEI PASTI
Signore, tu stai alla porta e bussi:
fa’ che ascoltiamo la tua voce e che ti apriamo la porta delle nostre case e dei nostri cuori.
Siedi a tavola con noi, infondi gioia, pace e benedizione.
Grazie dei tuoi doni: insegnaci a condividerli con generosità. Amen.
ALLA SERA
Salmo 91(90)
1 Chi abita al riparo dell’Altissimo
passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente.
2 Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido».
3 Egli ti libererà dal laccio del cacciatore,
dalla peste che distrugge.
4 Ti coprirà con le sue penne,
sotto le sue ali troverai rifugio;
la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza.
5 Non temerai il terrore della notte
né la freccia che vola di giorno,
6 la peste che vaga nelle tenebre,
lo sterminio che devasta a mezzogiorno.
7 Mille cadranno al tuo fianco
e diecimila alla tua destra,
ma nulla ti potrà colpire.
8 Basterà che tu apra gli occhi
e vedrai la ricompensa dei malvagi!
9 «Sì, mio rifugio sei tu, o Signore!».
Tu hai fatto dell’Altissimo la tua dimora:
10 non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
11 Egli per te darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutte le tue vie.
12 Sulle mani essi ti porteranno,
perché il tuo piede non inciampi nella pietra.
13 Calpesterai leoni e vipere,
schiaccerai leoncelli e draghi.
14 «Lo libererò, perché a me si è legato,
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
15 Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell’angoscia io sarò con lui,
lo libererò e lo renderò glorioso.
16 Lo sazierò di lunghi giorni
e gli farò vedere la mia salvezza».
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo
come era nel principio
e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen.
Sub tuum praesidium
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio:
non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova,
e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.