Esercizi spirituali neo quotidiano 2023 – II giorno
Mercoledì 29 novembre 2023
RICÒRDATI DI GESÙ CRISTO (2Tm 2,8)
STATIO – In silenzio, mettiamoci alla presenza del Signore
Invochiamo lo Spirito Santo (Carlo Maria Martini, † 2012)
Vieni, Spirito creatore,
vieni, Legge nuova, aprici gli occhi
perché possiamo contemplare
il mistero di Dio all’opera nella storia.
Vieni, Spirito consolatore, e aprici il cuore
perché possiamo conoscere come noi, grazie a te,
siamo parte attiva di quel mistero.
Vieni, Spirito di Cristo,
e mostraci il volto di Gesù nella storia,
mostraci il volto della Chiesa di Gesù. Amen
LECTIO – Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta
Facciamo silenzio, prima di ascoltare la Parola,
perché i nostri pensieri sono già rivolti verso la Parola;
facciamo silenzio, dopo l’ascolto della Parola,
perché questa ci parla ancora, vive e dimora in noi.
Facciamo silenzio la mattina presto, perché Dio deve avere la prima Parola,
e facciamo silenzio prima di coricarci, perché l’ultima Parola appartiene a Dio.
Facciamo silenzio solo per amore della Parola. (D. Bonhoeffer, † 1945)
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo (2, 1-26)
1E tu, figlio mio, attingi forza dalla grazia che è in Cristo Gesù: 2le cose che hai udito da me davanti a molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali a loro volta siano in grado di insegnare agli altri.
3Come un buon soldato di Gesù Cristo, soffri insieme con me. 4Nessuno, quando presta servizio militare, si lascia prendere dalle faccende della vita comune, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato. 5Anche l’atleta non riceve il premio se non ha lottato secondo le regole. 6Il contadino, che lavora duramente, dev’essere il primo a raccogliere i frutti della terra. 7Cerca di capire quello che dico, e il Signore ti aiuterà a comprendere ogni cosa.
8Ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide,
come io annuncio nel mio Vangelo, 9per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore.
Ma la parola di Dio non è incatenata! 10Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. 11Questa parola è degna di fede:
Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;
12se perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;
13se siamo infedeli, lui rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso.
14Richiama alla memoria queste cose, scongiurando davanti a Dio che si evitino le vane discussioni, le quali non giovano a nulla se non alla rovina di chi le ascolta. 15Sfòrzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità. 16Evita le chiacchiere vuote e perverse, perché spingono sempre più all’empietà quelli che le fanno; 17la parola di costoro infatti si propagherà come una cancrena. Fra questi vi sono Imeneo e Filèto, 18i quali hanno deviato dalla verità, sostenendo che la risurrezione è già avvenuta e così sconvolgono la fede di alcuni. 19Tuttavia le solide fondamenta gettate da Dio resistono e portano questo sigillo: Il Signore conosce quelli che sono suoi, e ancora: Si allontani dall’iniquità chiunque invoca il nome del Signore. 20In una casa grande però non vi sono soltanto vasi d’oro e d’argento, ma anche di legno e di argilla; alcuni per usi nobili, altri per usi spregevoli. 21Chi si manterrà puro da queste cose, sarà come un vaso nobile, santificato, utile al padrone di casa, pronto per ogni opera buona.
22Sta’ lontano dalle passioni della gioventù; cerca la giustizia, la fede, la carità, la pace, insieme a quelli che invocano il Signore con cuore puro. 23Evita inoltre le discussioni sciocche e da ignoranti, sapendo che provocano litigi. 24Un servo del Signore non deve essere litigioso, ma mite con tutti, capace di insegnare, paziente, 25dolce nel rimproverare quelli che gli si mettono contro, nella speranza che Dio conceda loro di convertirsi, perché riconoscano la verità 26e rientrino in se stessi, liberandosi dal laccio del diavolo, che li tiene prigionieri perché facciano la sua volontà.
In ascolto del testo biblico
Soffri insieme con me (2Tm 2,1-8)
Sono queste parole di incoraggiamento dirette da Paolo a Timoteo, un giovane ministro della chiesa un po’ scoraggiato; Paolo è qui figura del pastore anziano, ricco di esperienza, privo ormai di illusioni pericolose, ma anche più capace di un tempo di andare all’essenziale della vita cristiana e del ministero. Il discorso si fa più pensato, meno entusiasta, molto più attento alla necessità di formare il pastore e di educarlo che a suscitare facili entusiasmi.
I due versetti iniziali del capitolo: attingi forza dalla grazia che è in Cristo Gesù e trasmetti le cose udite da me davanti a molti testimoni (i presbiteri che hanno imposto le mani a Timoteo?); in ogni caso, i testimoni garantiscono del carattere pubblico e non esoterico della dottrina predicata da Paolo. Qui appare poi l’idea della tradizione intesa come comunicazione della fede, non come conservazione di una sorta di “monumento” storico intangibile.
L’esortazione dei vv. 3-7 ruota intorno a tre metafore: il soldato, l’atleta (si menziona il premio che spetta al vincitore), l’agricoltore. Il verbo chiave che unisce le tre metafore è al v. 3: soffri insieme con me; c’era già in 2Tm 1,8: soffri insieme con me per il vangelo.
L’uso di queste tre metafore serve a far capire a Timoteo che nessuna professione è priva di sofferenze e di difficoltà; che ogni professione esige la sua regola (si veda il paragone con lo sportivo, che regge ancora oggi) e che ogni professione mira a uno scopo preciso e richiede fino in fondo l’esercizio del proprio dovere.
Non è in questione l’esercizio del ministero ecclesiale inteso come un mestiere – sarebbe un ben misero messaggio: pastori che si comportano come burocrati e come funzionari non servono alla chiesa. Paolo parla del ministero ecclesiale vissuto con completa dedizione, con una ascesi rigorosa – a maggior ragione perché non è un mestiere come quello dell’atleta, del soldato, dell’agricoltore. Paolo sa che anche il ministero apostolico pesa, e non lo nasconde. Chi cercasse nel ministero una vita comoda, deve ricredersi, oggi senz’altro più di prima. E tuttavia c’è un traguardo, e ci sono dei frutti, come avviene per l’agricoltore: quali sono i frutti del nostro ministero? Ne siamo consapevoli? Li sappiamo accogliere?
Ricòrdati di Gesù Cristo (2,8-13)
Ricordati di Gesù Cristo…: al cuore del messaggio paolino c’è ancora una volta la memoria di Gesù, cuore della vita cristiana. Memoria della sua resurrezione e della sua incarnazione (Gesù discendente di David; cf. Rm 1,1-6): siamo al cuore del vangelo; il “mio” vangelo, perché Paolo ha con il Vangelo un rapporto molto personale. Si veda Evangelii Gaudium 13: il credente come persona dalla memoria grata.
Al v. 9 ritorna il tema della sofferenza, ripreso e ampliato al v. 10 e già anticipato in precedenza. Il v. 9 può essere precisamente tradotto: “in lui (cioè in Cristo) io soffro fino a portare…”; Paolo parla delle sofferenze in Cristo, vissute sino alla prigionia e alla morte, fino ad essere considerato come un malfattore, come è avvenuto allo stesso Gesù.
Per capire il pieno valore di queste affermazioni, occorre riflettere sul “con lui” ripetuto ai vv. 11-12 per ben quattro volte. La vita cristiana è un essere con Cristo; morire e vivere, perseverare e regnare, ma con lui. In quest’ottica, le sofferenze sono anch’esse un modo del tutto particolare di vivere in comunione con Cristo. È questo essere “con” che dà senso all’intera vita del discepolo di Cristo (cf. Gal 2,20). Da non trascurare anche: “sopporto ogni cosa per gli eletti…” (v. 10): uno degli aspetti della sofferenza vissuta per il vangelo è infatti la sofferenza vissuta per gli altri, perché altri ottengano la salvezza.
Al v. 9 Paolo aggiunge una frase straordinaria: “ma la parola di Dio non è incatenata!”. Nessuna forza umana può fermare il diffondersi della Parola. Si veda l’auspicio finale del Concilio Vaticano II contenuto nella Dei Verbum: una Parola che corra per il mondo e sia glorificata (il testo di DV 26 cita piuttosto 1Pt 1,23-25) e che possa così rinnovare la vita della chiesa e dunque del mondo stesso.
I v. 12b-13 sembrano poi affiancare due affermazioni contraddittorie: se lo rinneghiamo / egli ci rinnegherà; se manchiamo di fede / lui rimane fedele; alla fine, vince in ogni caso la grazia. “Rinnegare” è il contrario del dare testimonianza, peccato grave, dunque, che non resta senza conseguenze (cf. Tito 1,16). Ma subito Paolo aggiunge che alle nostre mancanze di fede corrisponde non una punizione, ma una proclamazione della fedeltà del Signore: Dio infatti non può rinnegare se stesso.
Gli avversari di Paolo (2,14-20)
Troviamo qui una triplice esortazione, con un linguaggio molto forte, contro i falsi dottori, specialmente: (I) richiama alla memoria queste cose – cioè la tua fede; (II) sforzati di essere con la tua vita degno testimone della fede che professi e della parola di verità che annunci. (III) Timoteo è poi invitato a evitare tutto ciò che è contrario alla vita di fede: le troppe parole; le verbosità (ma in realtà il termine indica un uso distorto della parola che porta al litigio. Paolo allude qui alle idee troppo personali sul vangelo che qualcuno portava avanti – Imeneo e Filèto, personaggi di cui non sappiamo nulla).
Il v. 19 esprime un ulteriore fondamento teologico: il Signore conosce i suoi. Paolo vuol forse dire che in una comunità divisa e spesso litigiosa solo il Signore sa chi è con lui, solo Dio conosce davvero i suoi. Non spetta perciò a noi dividere la comunità in “nostri” e “loro”; a Dio è lasciato il giudizio; è lui che pone le fondamenta. Chi avrà ragione nella chiesa? Chi si allontana nei fatti dal male e così invoca il nome del Signore, sembra dire Paolo.
I vv. 20-21 costituiscono un invito al realismo; nella chiesa c’è di tutto, come in una casa dove ci sono vasi per tutti gli usi; ovvero occorre sentirsi responsabile delle proprie azioni e non ergersi a giudice di quelle altrui. Paolo invita ad accogliere gli altri così come sono e a preoccuparsi per lo più di come io mi comporto.
Badare alla propria condotta (2,22-26)
Emerge qui una figura di pastore descritto in perfetta continuità con la figura di Gesù; un pastore che non contende, che non alza la voce, non spezza lo stoppino dalla fiamma smorta né la canna incrinata. Lavora sempre per il bene della persona e non per la sua condanna. Un pastore giovane, ma maturo (v. 22a); paziente, capace di discernimento, che evita polemiche inutili (v. 23) e che evita i litigi (v. 24a). Un pastore che non di rado si trova di fronte a persone difficili, per molte ragioni; anche in questo passo, si nota la presenza di un problema acuto e reale, come del resto avviene in tutta la lettera. Specialmente di fronte a cristiani che dicono di esserlo ma poi non lo sono.
Paolo chiede a Timoteo una pazienza pastorale, un saper sopportare il male, una longanimità che è un saper attendere, senza litigare, senza voler per forza giudicare o forzare la mano agli altri. Una pazienza senza arroganza, condita di dolcezza e assenza di litigiosità – virtù non del tutto ovvie e troppo spesso date per scontate. Si pensi al voler giudicare i comportamenti altrui in nome delle nostre pretese verità, che alla fine risultano essere sempre visioni parziali della verità stessa (cf. i consigli di Evangelii Gaudium 94 e 100). E se proprio dobbiamo giudicare, ciò deve avvenire perché l’altro riconosca la verità e rientri in se stesso (v. 25b-26a), liberandosi così da quel laccio diabolico che lo tiene prigioniero.
MEDITATIO – La Parola risuoni nei nostri cuori
Facciamo silenzio perché possiamo ascoltare il Signore. Leggiamo e rileggiamo il testo biblico perché la Parola risuoni nel nostro cuore. Prendiamo una matita e sottolineiamo quello che ci colpisce in modo particolare nei testi che abbiamo letto, quello che vorremmo comprendere meglio o vivere con maggior impegno e profondità, quello che ci sorprende, quello ci infonde coraggio…. Entriamo nel testo biblico anche in questo semplice ma utile modo.
Proponiamo qui di seguito alcuni testi che possono essere utili per accompagnare la meditazione e riflettere durante la giornata.
Il Concilio Vaticano II – Cristo, l’uomo nuovo.
In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro (28) (Rm 5,14) e cioè di Cristo Signore.
Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione. (…) Egli è «l’immagine dell’invisibile Iddio» (Col 1,15) è l’uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato. Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime.
Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo.
Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché il peccato. Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l’Apostolo: il Figlio di Dio «mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). Soffrendo per noi non ci ha dato semplicemente l’esempio perché seguiamo le sue orme, ma ci ha anche aperta la strada: se la seguiamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano nuovo significato. (…)
Il cristiano (…) associato al mistero pasquale, diventando conforme al Cristo nella morte, così anche andrà incontro alla risurrezione fortificato dalla speranza. E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale. (…) Con la sua morte egli ha distrutto la morte, con la sua risurrezione ci ha fatto dono della vita, perché anche noi, diventando figli col Figlio, possiamo pregare esclamando nello Spirito: Abba, Padre! (Gaudium et spes, 22)
Gesù maestro di preghiera /2
In secondo luogo, la preghiera è un’arte da praticare con insistenza. Gesù stesso ci dice: bussate, bussate, bussate. Tutti siamo capaci di preghiere episodiche, che nascono dall’emozione di un momento; ma Gesù ci educa a un altro tipo di preghiera: quella che conosce una disciplina, un esercizio, e viene assunta entro una regola di vita. Una preghiera perseverante produce una trasformazione progressiva, rende forti nei periodi di tribolazione, dona la grazia di essere sostenuti da Colui che ci ama e ci protegge sempre. (papa Francesco, 4.11.2020)
Appoggiatevi alla roccia (Carlo Maria Martini, † 2012)
Appoggiatevi al Vangelo, affidatevi al Vangelo. La parola «fede», nella sua lunga storia – nell’Antico Testamento, nella Bibbia, nella versione ebraica della Scrittura – rappresenta la situazione di chi si affida, di chi appoggia su una roccia, di chi si sente saldo perché è appoggiato a qualcuno molto più forte di lui.
L’amore cerca sempre la vicinanza di colui che si ama (S. Giovanni Paolo II)
Se desiderate veramente seguire Cristo, se volete che il vostro amore per Lui si accresca e duri, dovete essere assidui nella preghiera. essa è la chiave della vitalità della vostra vita in Cristo. Senza la preghiera, la vostra fede e il vostro amore moriranno. Se siete costanti nella preghiera quotidiana e nella partecipazione domenicale alla Messa, il vostro amore per Gesù crescerà. E il vostro cuore conoscerà la gioia e la pace profonda, quali il mondo non sarà in grado di dare. Dedicate, dunque, tutti i giorni un po’ di tempo della vostra giornata a conversare con Dio, come prova sincera del fatto che lo amate, poiché l’amore cerca sempre la vicinanza di colui che si ama.
Gesù non si accontenta di una “percentuale di amore”
Gesù è radicale. Egli dà tutto e chiede tutto: dà un amore totale e chiede un cuore indiviso. Anche oggi si dà a noi come Pane vivo; possiamo dargli in cambio le briciole? A Lui, fattosi nostro servo fino ad andare in croce per noi, non possiamo rispondere solo con l’osservanza di qualche precetto. A Lui, che ci offre la vita eterna, non possiamo dare qualche ritaglio di tempo. Gesù non si accontenta di una “percentuale di amore”: non possiamo amarlo al venti, al cinquanta o al sessanta per cento. O tutto o niente.
Cari fratelli e sorelle, il nostro cuore è come una calamita: si lascia attirare dall’amore, ma può attaccarsi da una parte sola e deve scegliere: o amerà Dio o amerà la ricchezza del mondo (cfr Mt 6,24); o vivrà per amare o vivrà per sé (cfr Mc 8,35). Chiediamoci da che parte stiamo. Chiediamoci a che punto siamo nella nostra storia di amore con Dio. Ci accontentiamo di qualche precetto o seguiamo Gesù da innamorati, veramente disposti a lasciare qualcosa per Lui? Gesù interroga ciascuno di noi e tutti noi come Chiesa in cammino: siamo una Chiesa che soltanto predica buoni precetti o una Chiesa-sposa, che per il suo Signore si lancia nell’amore? Lo seguiamo davvero (…)? Insomma, ci basta Gesù o cerchiamo tante sicurezze del mondo? Chiediamo la grazia di saper lasciare per amore del Signore: lasciare ricchezze, lasciare nostalgie di ruoli e poteri, lasciare strutture non più adeguate all’annuncio del Vangelo, i pesi che frenano la missione, i lacci che ci legano al mondo. (papa Francesco, 14.10.2018)
Comincia da te stesso a essere pacifico (Agostino d’Ippona, † 430)
Vedi delle persone in disaccordo tra loro? Sii tra loro operatore di pace. Parla bene del primo al secondo e viceversa. Ascolti del male riguardo ad uno di essi da parte dell’altro come ad uno adirato? Non lo manifestare: dissimula l’insulto ascoltato dall’adirato, dà un leale consiglio per la concordia. Ma se vuoi essere pacificatore tra due tuoi amici che sono in discordia, comincia da te stesso a essere pacifico: devi mettere in pace te stesso interiormente, dove forse sei in lotta quotidiana con te stesso.
Per riflettere
– “attingi forza dalla grazia” (2Tm 2,1): Paolo incoraggia ed esorta Timoteo a farsi forte della grazia di Cristo. Riflettiamo sul nostro rapporto con i fratelli. Siamo attenti e pronti a incoraggiare e a lasciarci sostenere nei momenti di sofferenza umana e spirituale?
– “Ricòrdati di Gesù Cristo” (2Tm 2,8): vivere in Cristo è il senso ultimo della nostra esistenza, essere con lui, in comunione con lui. Cosa suscita in me questa affermazione? Cosa significa per me mettere al centro della mia vita la memoria di Gesù?
– “cerca la giustizia, la fede, la carità, la pace” (2Tm 2,23). “Non c’è pace senza giustizia”: queste parole di papa Giovanni Paolo II ancora oggi risuonano forti nei nostri cuori e ci risvegliano dal torpore che tante volte ci invade. Pace e giustizia, un binomio inscindibile: se desideriamo davvero la pace, l’impegno per la giustizia deve essere sempre vigile in noi, nelle piccole come nelle grandi cose. Come lo viviamo nelle nostre scelte quotidiane?
– Leggiamo i ‘consigli’ di papa Francesco: No alla mondanità spirituale (EG 93-97); No alla guerra tra di noi (EG 98-101).
– Scegliamo un versetto del secondo capitolo della Seconda lettera a Timoteo che sentiamo particolarmente vicino a noi in questo momento, ripetiamolo spesso durante la giornata per farlo nostro e impararlo a memoria.
ORATIO – A te, Signore, sale la mia preghiera
Canti di fraternità e di pace (S. Giovanni Paolo II, † 2005)
In quest’ora
di inaudita violenza
e di inutili stragi,
accogli, Padre,
l’implorazione che sale a te
da tutta la Chiesa,
orante con Maria, Regina della pace:
effondi sui governanti
di tutte le nazioni
lo Spirito dell’unità e della concordia,
dell’amore e della pace,
perché giunga presto
a tutti i confini
l’atteso annuncio:
è finita la guerra!
E, ridotto al silenzio il fragore delle armi,
risuonino in tutta la terra
canti di fraternità e di pace.
CONTEMPLATIO – Signore, apri i miei occhi
Chiediamo con umiltà al Signore un cuore puro, capace di vedere tutto e tutti alla luce di Dio.
Nel silenzio (Carlo Maria Martini, † 2012)
Donaci, Gesù,
di vivere questo momento di silenzio in stretta comunione con te,
riprendendo a una a una le tue parole,
ripercorrendole, interrogandoti,
invocando la luce per intercessione di Maria, vergine della fede.
Donaci, Signore, di vivere questo momento di silenzio
raccogliendo dalle tue parole la gioia di vivere la fede.
ACTIO: Signore, cosa vuoi che io faccia?
La Parola ci chiede di essere vissuta nella concretezza di tutti i giorni,
a cominciare da OGGI.
Nei tuoi decreti è la mia delizia, Sal 119(118),16.18
non dimenticherò la tua parola.
Aprimi gli occhi
perché io consideri le meraviglie della tua legge.
Tu lo sai, mio Dio, che per amarti sulla terra non ho altro che l’oggi
(S. Teresa di Lisieux, † 1897)
Ci affidiamo a Maria, madre del Signore e madre nostra
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio:
non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova
e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.
All’inizio degli esercizi, decidiamo di metterci in cammino alla luce della Parola del Signore. Ogni giorno con fiducia, mettendo tutta la nostra vita nelle mani del Signore, preghiamo:
AL MATTINO
Dal Salmo 107
Saldo è il mio cuore, o Dio, saldo è il mio cuore.
Voglio cantare, voglio inneggiare:
svégliati, mio cuore,
svegliatevi, arpa e cetra,
voglio svegliare l’aurora.
Saldo è il mio cuore, o Dio, saldo è il mio cuore.
Ti loderò fra i popoli, Signore,
a te canterò inni fra le nazioni:
grande fino ai cieli è il tuo amore
e fino alle nubi la tua fedeltà.
Saldo è il mio cuore, o Dio, saldo è il mio cuore.
Innàlzati sopra il cielo, o Dio,
su tutta la terra la tua gloria.
Saldo è il mio cuore, o Dio, saldo è il mio cuore.
Custodiscimi in questo giorno, Signore
Signore, resta con me in questo giorno
e anima le mie azioni, le mie parole e i miei pensieri.
Custodisci i miei piedi perché non passeggino oziosi,
ma mi portino incontro alle necessità degli altri.
Custodisci le mie mani
perché non si allunghino per fare il male
ma sempre per abbracciare e aiutare.
Custodisci la mia bocca
perché non dica cose false e vane
e non parli male del prossimo,
ma sempre sia pronta a incoraggiare tutti
e benedire te, Signore della vita.
Custodisci il mio udito
perché non perda tempo
ad ascoltare parole vuote e falsità,
ma sia sempre pronto ad accogliere
il tuo misterioso messaggio
per compiere, anche oggi, la tua volontà. Amen.
PRIMA DEI PASTI
Signore, tu stai alla porta e bussi:
fa’ che ascoltiamo la tua voce e che ti apriamo la porta delle nostre case e dei nostri cuori.
Siedi a tavola con noi, infondi gioia, pace e benedizione.
Grazie dei tuoi doni: insegnaci a condividerli con prontezza e generosità. Amen.
ALLA SERA
O luce radiosa, eterno splendore del Padre,
Cristo, Signore immortale!
Giunti al tramonto del sole, e vista la luce della sera,
lodiamo il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo Dio.
Si innalzi la lode a tutta la Trinità, dalla creazione,
da ogni essere vivente e da ogni persona.
È giusto che tutte le creature ti lodino in ogni tempo,
Figlio di Dio che doni la vita: l’universo ti dà gloria.
Noi ti cantiamo, Gesù, generato da Maria:
tu, che sei la luce vera, hai assunto la nostra carne.
Manda il tuo Spirito nei nostri cuori
e invocheremo il Padre;
venga la sua grazia come rugiada
e sigillo dei doni celesti.
Noi ti cantiamo, Cristo risorto,
che hai vinto le tenebre del sepolcro;
stella del mattino che precede l’aurora
e rischiara la notte come il giorno.
Resta con noi, Signore,
perché il giorno già volge al declino;
illumina i nostri occhi
e ti riconosceremo guida sicura nel nostro cammino.
La nostra preghiera, Signore,
si levi come incenso;
le nostre mani alzate, davanti a te,
come sacrificio della sera.
O luce radiosa, eterno splendore del Padre,
Cristo, Signore immortale!
Preghiera della sera
Signore, mio Dio, ti ringrazio
di questo giorno che si chiude;
ti ringrazio di aver dato riposo al corpo e all’anima.
La tua mano è stata su di me,
mi ha protetto e mi ha difeso.
Perdona tutti i momenti di poca fede
e le ingiustizie di questo giorno.
Aiutami a perdonare tutti coloro
che sono stati ingiusti con me.
Ti affido i miei cari, ti affido questa casa,
ti affido il mio corpo e la mia anima.
Dio, sia santificato il tuo santo nome. (D. Bonhoeffer, † 1945)
Sub tuum praesidium
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio:
non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova,
e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.
DURANTELA GIORNATA
Venga il tuo regno! (San Paolo VI, † 1978)
Signore, Dio di pace,
che hai creato gli uomini,
oggetto della tua benevolenza,
per essere i familiari della tua gloria,
noi ti benediciamo e ti rendiamo grazie:
perché ci hai inviato Gesù, tuo Figlio amatissimo,
hai fatto di lui, nel mistero della sua pasqua,
l’artefice della salvezza,
la sorgente di ogni pace,
il legame di ogni fraternità.
Noi ti rendiamo grazie per i desideri, gli sforzi,
le realizzazioni che il tuo Spirito di pace
ha suscitato nel nostro tempo,
per sostituire l’odio con l’amore,
la diffidenza con la comprensione,
l’indifferenza con la solidarietà.
Apri ancor più i nostri spiriti e i nostri cuori
alle esigenze concrete
dell’amore di tutti i nostri fratelli,
affinché possiamo essere sempre più
costruttori di pace.
Ricordati, Padre di misericordia,
di tutti quelli che sono in pena,
soffrono e muoiono nel parto
di un mondo più fraterno.
Che per gli uomini di ogni lingua
venga il tuo regno di giustizia,
di pace e di amore.
E che la terra sia ripiena della tua gloria.
Amen!
Affidamento a Maria (Card. Giuseppe Betori)
“Vergine Madre, figlia del tuo figlio
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘I suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura”.
Ti preghiamo, o Vergine, proteggi la Chiesa fiorentina, così che essa risplenda per una testimonianza viva e operosa del Vangelo del tuo Figlio, nella ricchezza e nella varietà dei doni dello Spirito.
Ti preghiamo, o Madre, vieni in soccorso ai tuoi figli di Firenze, che a te accorrono per trovare nell’abbraccio grande della cupola della loro cattedrale, a te dedicata, quella unità di intenti di cui la città ha bisogno perché sia difesa ed esaltata la dignità di ogni persona umana e sia ricercato sempre e da tutti il bene comune.
Tu che sei “di speranza fontana vivace”, illumina e sostieni il cammino di chi ti invoca, perché con te giunga alla meta del cielo, di cui ti riconosciamo Regina.
“In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate”.
Amen.