ESERCIZI SPIRITUALI NEL QUOTIDIANO 2020 – IV
FARSI SERVO AL MODO DI GESù
STATIO: IN SILENZIO, METTIAMOCI ALLA PRESENZA DEL SIGNORE
Invochiamo lo Spirito Santo (Carlo Maria Martini, † 2012)
O Spirito Santo,
riempi i cuori dei tuoi fedeli
e accendi in noi quello stesso fuoco,
che ardeva nel cuore di Gesù,
mentre egli parlava del regno di Dio.
Fa’ che questo fuoco si comunichi a noi,
così come si comunicò ai discepoli di Emmaus.
Tu solo, Spirito Santo, puoi accenderlo
e a te dunque rivolgiamo la nostra debolezza,
la nostra povertà, il nostro cuore spento,
perché tu lo riaccenda del calore,
della santità della vita, della forza del regno.
Donaci, Spirito Santo,
di comprendere il mistero della vita di Gesù.
Donaci la conoscenza della sua persona,
quella sublime conoscenza per la quale s. Paolo lasciava perdere tutto,
pur di comunicare alle sue sofferenze e partecipare alla sua gloria.
Te lo chiediamo per l’intercessione di Maria, madre di Gesù,
che conosce Gesù con la perfezione e la pienezza
di colei che è piena di grazia. Amen.
LECTIO: PARLA, SIGNORE, IL TUO SERVO TI ASCOLTA!
Facciamo silenzio, prima di ascoltare la Parola,
perché i nostri pensieri sono già rivolti verso la Parola;
facciamo silenzio, dopo l’ascolto della Parola,
perché questa ci parla ancora, vive e dimora in noi.
Facciamo silenzio la mattina presto,
perché Dio deve avere la prima Parola,
e facciamo silenzio prima di coricarci,
perché l’ultima Parola appartiene a Dio.
Facciamo silenzio solo per amore della Parola. (D. Bonhoeffer, † 1945)
Dal vangelo secondo Marco (10,35-45)
35Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». 36Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». 37Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 38Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». 39Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. 40Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
41Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. 42Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. 43Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, 44e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. 45Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
IN ASCOLTO DEL TESTO BIBLICO
L’episodio che oggi è proposto alla nostra riflessione è collocato lungo il cammino di Gesù verso Gerusalemme. Gesù sta salendo verso la città santa; i Dodici e altre persone lo seguono. Un senso di timore e perfino di paura accompagna il gruppo (cfr. Mc 10,32). Gesù ha preso nuovamente in disparte i Dodici per prepararli a quanto gli accadrà a Gerusalemme, per aiutarli ad entrare nella dura logica della croce (cfr. Mc 10,33-34).
Una domanda rivelatrice
Il Signore parla apertamente, ma i suoi discepoli sono lontani, invischiati nelle solite piccinerie umane. Nonostante lo svelamento che Gesù fa di quello che lo aspetta a Gerusalemme, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, si avvicinano con una richiesta a dir poco inopportuna, presentata con un tono perentorio. Ancora una volta questa domanda mostra come anche i discepoli più cari siano lontani dal comprendere l’insegnamento del Maestro. Essi hanno capito che ci sarà in futuro il tempo della glorificazione, del trionfo e si preoccupano di parteciparvi, di prepararsi un posto speciale, uno alla destra e uno alla sinistra del Signore.
Gesù non rifiuta direttamente la loro richiesta, ma cerca di aiutarli a comprendere che hanno saltato un passaggio fondamentale: il suo ritorno nella gloria passerà attraverso la morte sulla croce. I discepoli vogliono arrivare alla meta saltando la tappa necessaria, il dono di sé senza riserve che Gesù ha vissuto lungo tutta la vita e che adesso lo sta conducendo alla condanna a morte. Tra i Dodici c’è chi la rifiuta (come Pietro – cfr. Mc 8,32) oppure chi (come Giacomo e Giovanni) cerca di ignorarla. In ogni caso Gesù resta incompreso.
Con infinita pazienza
Per questo, con infinita pazienza, cerca di nuovo di aiutarli ad accogliere la logica dell’amore, del dono di sé che lui stesso vive con tutto il suo essere. Lo fa ponendo una domanda: siete disponibili a seguirmi sulla via del dono totale di voi stessi? A bere il calice della sofferenza e a lasciarvi immergere nella morte?
«Lo possiamo», rispondono in modo quasi incosciente i due discepoli. Gesù li conferma: è vero, anche loro alla fine sceglieranno di seguire il Maestro sulla via del dono di sé. Ma devono comprendere fino in fondo che tutto è dono di Dio. Non c’è nessun credito, non c’è nessuna logica di ricompensa, nessuna pretesa possibile per chi sceglie di vivere al modo di Gesù.
Gli altri dieci si indignano, ma non perché abbiano compreso l’insegnamento di Gesù. Sono gelosi. Chi credono di essere Giovanni e Giacomo per pretendere i primi posti?
Tra voi non è così
E Gesù di nuovo li prende in disparte e li istruisce, mettendo in luce due modi opposti di vivere la relazione con l’altro, due logiche contrapposte, quella del dominio e quella del servizio.
La prima logica è quella che usa la debolezza altrui e la violenza per dominare sull’altro. Questa logica è inconciliabile con quella che deve animare le relazioni dei discepoli di Gesù: «Tra voi però non è così».
Tra i discepoli di Gesù, nella Chiesa, la logica del dominio e dell’oppressione non può trovar posto. Il verbo è al presente; è un presente senza tempo: il Signore fa un’affermazione che costituisce un pilastro della vita della comunità dei discepoli di sempre. Delinea uno stile totalmente diverso da quello dei potenti di questo mondo, usando due immagini: quella del farsi servo (diakonos) e quella del farsi schiavo (doulos) di tutti. Le relazioni nella comunità di Gesù sono fondate sul servizio reciproco, sul decidersi di vivere per l’altro, chiunque egli sia, in dipendenza dall’unico e vero Signore, Dio. Non ci possono essere altri signori o padroni.
Farsi servi al modo di Gesù
Ma perché farsi servi? Perché questo è il modo con il quale Gesù vive il suo essere Figlio del Padre. Il fondamento del nostro vivere la logica del servizio è la vita di Gesù. È lui il modello di servo che i discepoli devono interiorizzare, il criterio per comprendere la logica del servire nella comunità e verso tutti, del dono di sé per amore.
Gesù vive in modo perfetto questo stile, rivelandoci il volto inedito di Dio che si è fatto servo senza chiedere nulla in cambio, in modo incondizionato, perché Dio è amore. Il servizio nella comunità è partecipazione all’azione di Dio nel mondo, è modo attraverso il quale si manifesta l’amore di Dio per gli uomini, che Gesù ha reso visibile in una forma unica ed efficace.
Il Signore ci insegna un tratto costitutivo della sua comunità: è comunità di fratelli e sorelle che si servono gli uni gli altri e tra i quali chi ha autorità è servo di tutti i servi. Tutta la vita di Gesù ne è testimonianza. Il Signore non è venuto “per farsi servire, ma per servire” (Mc 10,45), fino a farsi servo (Fil 2,7), fino a lavare i piedi dei discepoli (Gv 13,5), fino ad accettare una morte ignominiosa, assimilato ai malfattori. Ci ha insegnato con la sua vita come si vive da fratelli e sorelle, tutti e tutte.
Giunti al termine del nostro breve cammino degli esercizi, in questo tempo drammatico segnato dalla pandemia, ci prepariamo ad entrare nel nuovo anno liturgico nella certezza che il regno del Signore cresce nella storia, nonostante tutte le fatiche, le difficoltà, i nostri peccati. È un regno di fratelli e sorelle, senza barriere, senza distinzioni, dove si vive un amore grande come quello di Gesù, che ha infranto la barriera più grande:
“pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso” (Fil 2,6),
“si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14).
MEDITATIO: LA PAROLA RISUONI NEI NOSTRI CUORI
Leggiamo e rileggiamo il testo biblico perché la Parola risuoni nel nostro cuore.
PER ACCOMPAGNARE LA MEDITAZIONE (Fratelli tutti, 87-95)
87. Un essere umano è fatto in modo tale che non si realizza, non si sviluppa e non può trovare la propria pienezza «se non attraverso un dono sincero di sé». E ugualmente non giunge a riconoscere a fondo la propria verità se non nell’incontro con gli altri: «Non comunico effettivamente con me stesso se non nella misura in cui comunico con l’altro». Questo spiega perché nessuno può sperimentare il valore della vita senza volti concreti da amare. Qui sta un segreto dell’autentica esistenza umana, perché «la vita sussiste dove c’è legame, comunione, fratellanza; ed è una vita più forte della morte quando è costruita su relazioni vere e legami di fedeltà. Al contrario, non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a sé stessi e di vivere come isole: in questi atteggiamenti prevale la morte».
Al di là
88. Dall’intimo di ogni cuore, l’amore crea legami e allarga l’esistenza quando fa uscire la persona da sé stessa verso l’altro. Siamo fatti per l’amore e c’è in ognuno di noi «una specie di legge di “estasi”: uscire da se stessi per trovare negli altri un accrescimento di essere». Perciò «in ogni caso l’uomo deve pure decidersi una volta ad uscire d’un balzo da se stesso».
89. D’altra parte, non posso ridurre la mia vita alla relazione con un piccolo gruppo e nemmeno alla mia famiglia, perché è impossibile capire me stesso senza un tessuto più ampio di relazioni: non solo quello attuale ma anche quello che mi precede e che è andato configurandomi nel corso della mia vita. La mia relazione con una persona che stimo non può ignorare che quella persona non vive solo per la sua relazione con me, né io vivo soltanto rapportandomi con lei. La nostra relazione, se è sana e autentica, ci apre agli altri che ci fanno crescere e ci arricchiscono. Il più nobile senso sociale oggi facilmente rimane annullato dietro intimismi egoistici con l’apparenza di relazioni intense. Invece, l’amore che è autentico, che aiuta a crescere, e le forme più nobili di amicizia abitano cuori che si lasciano completare. Il legame di coppia e di amicizia è orientato ad aprire il cuore attorno a sé, a renderci capaci di uscire da noi stessi fino ad accogliere tutti. I gruppi chiusi e le coppie autoreferenziali, che si costituiscono come un “noi” contrapposto al mondo intero, di solito sono forme idealizzate di egoismo e di mera autoprotezione.
90. Non è un caso che molte piccole popolazioni sopravvissute in zone desertiche abbiano sviluppato una generosa capacità di accoglienza nei confronti dei pellegrini di passaggio, dando così un segno esemplare del sacro dovere dell’ospitalità. Lo hanno vissuto anche le comunità monastiche medievali, come si riscontra nella Regola di San Benedetto. Benché potesse disturbare l’ordine e il silenzio dei monasteri, Benedetto esigeva che i poveri e i pellegrini fossero trattati «con tutto il riguardo e la premura possibili». L’ospitalità è un modo concreto di non privarsi di questa sfida e di questo dono che è l’incontro con l’umanità al di là del proprio gruppo. Quelle persone riconoscevano che tutti i valori che potevano coltivare dovevano essere accompagnati da questa capacità di trascendersi in un’apertura agli altri.
Il valore unico dell’amore
91. Le persone possono sviluppare alcuni atteggiamenti che presentano come valori morali: fortezza, sobrietà, laboriosità e altre virtù. Ma per orientare adeguatamente gli atti delle varie virtù morali, bisogna considerare anche in quale misura essi realizzino un dinamismo di apertura e di unione verso altre persone. Tale dinamismo è la carità che Dio infonde. Altrimenti, avremo forse solo un’apparenza di virtù, e queste saranno incapaci di costruire la vita in comune. Perciò San Tommaso d’Aquino – citando Sant’Agostino – diceva che la temperanza di una persona avara non è neppure virtuosa. San Bonaventura, con altre parole, spiegava che le altre virtù, senza la carità, a rigore non adempiono i comandamenti «come Dio li intende».
92. La statura spirituale di un’esistenza umana è definita dall’amore, che in ultima analisi è «il criterio per la decisione definitiva sul valore o il disvalore di una vita umana». Tuttavia, ci sono credenti che pensano che la loro grandezza consista nell’imporre le proprie ideologie agli altri, o nella difesa violenta della verità, o in grandi dimostrazioni di forza. Tutti noi credenti dobbiamo riconoscere questo: al primo posto c’è l’amore, ciò che mai dev’essere messo a rischio è l’amore, il pericolo più grande è non amare (cfr. 1Cor 13,1-13).
93. Cercando di precisare in che cosa consista l’esperienza di amare, che Dio rende possibile con la sua grazia, San Tommaso d’Aquino la spiegava come un movimento che pone l’attenzione sull’altro «considerandolo come un’unica cosa con sé stesso». L’attenzione affettiva che si presta all’altro provoca un orientamento a ricercare gratuitamente il suo bene. Tutto ciò parte da una stima, da un apprezzamento, che in definitiva è quello che sta dietro la parola “carità”: l’essere amato è per me “caro”, vale a dire che lo considero di grande valore. E «dall’amore per cui a uno è gradita una data persona derivano le gratificazioni verso di essa».
94. L’amore implica dunque qualcosa di più che una serie di azioni benefiche. Le azioni derivano da un’unione che inclina sempre più verso l’altro considerandolo prezioso, degno, gradito e bello, al di là delle apparenze fisiche o morali. L’amore all’altro per quello che è ci spinge a cercare il meglio per la sua vita. Solo coltivando questo modo di relazionarci renderemo possibile l’amicizia sociale che non esclude nessuno e la fraternità aperta a tutti.
La progressiva apertura dell’amore
95. L’amore, infine, ci fa tendere verso la comunione universale. Nessuno matura né raggiunge la propria pienezza isolandosi. Per sua stessa dinamica, l’amore esige una progressiva apertura, maggiore capacità di accogliere gli altri, in un’avventura mai finita che fa convergere tutte le periferie verso un pieno senso di reciproca appartenenza. Gesù ci ha detto: «Voi siete tutti fratelli» (Mt23,8).
PER RIFLETTERE DURANTE LA GIORNATA
- Gesù ci insegna con la sua vita cosa significa servire i fratelli. Le sue relazioni sono vere, senza calcoli, senza tornaconti egoistici. Si rende totalmente disponibile, ma non agisce come una specie di superuomo: non ha guarito tutti gli ammalati, liberato tutti da ogni sofferenza… Nessuno di quelli che lo hanno incontrato è però andato via a mani vuote. Impariamo da Gesù: la prima caratteristica del servizio cristiano è la disponibilità a quanto possiamo fare insieme alla consapevolezza dei nostri limiti. Questo ci impegna al massimo, ma non ci opprime. «Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio» (S. Ignazio de Loyola).
- La seconda caratteristica che impariamo da Gesù è l’assoluta gratuità. Anche noi, consapevoli di aver ricevuto tutto dal Padre, coltiviamo con impegno la dimensione della gratuità: «Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”». Chiediamo al Signore di liberarci da ogni tentazione di attaccamento ai nostri servizi in famiglia, al lavoro, nella Chiesa.
- Gesù ci insegna che prima di servire, bisogna metterci in ascolto dei bisogni degli altri, con attenzione e discrezione. Pensiamo a come ci poniamo di fronte ai fratelli e chiediamo al Signore di renderci sempre più delicati, liberi, pacifici nelle relazioni con gli altri.
- Ripensiamo al cammino di questi giorni. Scriviamo brevemente parole, osservazioni, decisioni, intuizioni perché possiamo farne tesoro e riprenderle in futuro. Stiamo per iniziare il tempo di Avvento, nel quale ci prepariamo a fare memoria della nascita di Gesù e attendiamo e affrettiamo il suo ritorno nella gloria. Rendiamo grazie a Dio con parole nostre e affidiamo al Signore l’intera umanità, perché diventi sempre una sola famiglia di Dio. Vieni, Signore Gesù!
ORATIO: A TE, SIGNORE, SALE LA MIA PREGHIERA!
Fammi comprendere come ami tu, Signore (J. Galot, † 2008)
Fammi comprendere sempre più
l’importanza capitale dell’amore del prossimo.
Mostrami tutte le esigenze della carità
affinché io non mi permetta di restringerle indebitamente.
Fammi guardare gli altri con benevolenza,
così da saper scoprire tutto il bene che nascondono in sé.
Fammi partecipe della tua dolcezza,
affinché mi avvicini al prossimo con umiltà.
Fa’ scaturire in me la spontaneità della dedizione,
la sollecitudine nel soccorrere gli altri o nel servirli.
Impregnami del profumo della tua bontà,
perché essa si rifletta in me
attraverso un’amabilità delicata e preveniente.
Rendimi accogliente per i dolori e le gioie altrui,
comprensivo nelle loro difficoltà.
Sostieni la mia pazienza
e dammi la forza di dimenticare immediatamente
tutto ciò che mi ferisce e che mi irrita.
Fammi amare il prossimo sinceramente e fino in fondo,
con un dono di me stesso che non indietreggi mai davanti al sacrificio!
Preghiamo in particolare per coloro che governano le nazioni:
Signore, illumina i potenti della terra perché scelgano di vivere secondo la logica del servizio che libera e non del potere che opprime. Con intelligenza e coraggio sappiano trovare vie giuste e concrete per superare le conseguenze della pandemia, prendendosi cura in particolare delle persone più deboli e in difficoltà e aprendo cammini di bene per tutti. Con fiducia ti preghiamo.
Felici, insieme ai fratelli (Raoul Follereau, † 1977)
Signore, insegnaci a non amare solo noi stessi,
a non amare soltanto i nostri cari,
a non amare soltanto quelli che ci amano.
Insegnaci a pensare agli altri,
ad amare quelli che nessuno ama.
Concedici la grazia di capire che in ogni istante
ci sono milioni di esseri umani,
che pure sono tuoi figli e nostri fratelli,
che muoiono di fame, che muoiono di freddo.
Signore abbi pietà di tutti i poveri del mondo;
e non permettere più, o Signore,
che viviamo felici da soli. Amen.
CONTEMPLATIO: DAMMI OCCHI NUOVI, SIGNORE, PER CONTEMPLARE LE TUE MERAVIGLIE!
Chiediamo con umiltà al Signore un cuore puro, capace di vedere tutto e tutti con gli occhi buoni di Dio che è buono.
Nel silenzio (Carlo Maria Martini, † 2012)
Donaci, Gesù, di vivere questo momento di silenzio
in stretta comunione con te,
riprendendo a una a una le tue parole,
ripercorrendole, interrogandoti,
invocando la luce per intercessione di Maria, vergine della fede.
Donaci, Signore, di vivere questo momento di silenzio
raccogliendo dalle tue parole la gioia di vivere la fede.
ACTIO: SIGNORE, COSA VUOI CHE IO FACCIA?
Abbiamo ascoltato, meditato, pregato.
La Parola ci chiede di essere vissuta
nella concretezza di tutti i giorni, a cominciare da OGGI.
AFFIDAMENTO A MARIA
“Vergine Madre, figlia del tuo figlio
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘I suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura”.
Ti preghiamo, o Vergine, proteggi la Chiesa fiorentina, così che essa risplenda per una testimonianza viva e operosa del Vangelo del tuo Figlio, nella ricchezza e nella varietà dei doni dello Spirito.
Ti preghiamo, o Madre, vieni in soccorso ai tuoi figli di Firenze, che a te accorrono per trovare nell’abbraccio grande della cupola della loro cattedrale, a te dedicata, quella unità di intenti di cui la città ha bisogno perché sia difesa ed esaltata la dignità di ogni persona umana e sia ricercato sempre e da tutti il bene comune.
Tu che sei “di speranza fontana vivace”, illumina e sostieni il cammino di chi ti invoca, perché con te giunga alla meta del cielo, di cui ti riconosciamo Regina.
“In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate”. Amen.
Card. Giuseppe Betori
AL MATTINO
Dal Salmo 85(84)
8 Mostraci, Signore, la tua misericordia
e donaci la tua salvezza.
9 Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli,
per chi ritorna a lui con fiducia.
10 Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.
11 Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
12 Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.
13 Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
14 giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.
Preghiera al Creatore (papa Francesco)
Signore e Padre dell’umanità, che hai creato tutti gli esseri umani con la stessa dignità,
infondi nei nostri cuori uno spirito fraterno.
Ispiraci il sogno di un nuovo incontro, di dialogo, di giustizia e di pace.
Stimolaci a creare società più sane e un mondo più degno,
senza fame, senza povertà, senza violenza, senza guerre.
Il nostro cuore si apra a tutti i popoli e le nazioni della terra,
per riconoscere il bene e la bellezza che hai seminato in ciascuno di essi,
per stringere legami di unità, di progetti comuni, di speranze condivise. Amen.
PRIMA DEI PASTI
Signore, tu stai alla porta e bussi:
fa’ che ascoltiamo la tua voce e che ti apriamo la porta delle nostre case e dei nostri cuori.
Siedi a tavola con noi, infondi gioia, pace e benedizione.
Grazie dei tuoi doni: insegnaci a condividerli con generosità. Amen.
ALLA SERA
Salmo 91(90)
1 Chi abita al riparo dell’Altissimo
passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente.
2 Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido».
3 Egli ti libererà dal laccio del cacciatore,
dalla peste che distrugge.
4 Ti coprirà con le sue penne,
sotto le sue ali troverai rifugio;
la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza.
5 Non temerai il terrore della notte
né la freccia che vola di giorno,
6 la peste che vaga nelle tenebre,
lo sterminio che devasta a mezzogiorno.
7 Mille cadranno al tuo fianco
e diecimila alla tua destra,
ma nulla ti potrà colpire.
8 Basterà che tu apra gli occhi
e vedrai la ricompensa dei malvagi!
9 «Sì, mio rifugio sei tu, o Signore!».
Tu hai fatto dell’Altissimo la tua dimora:
10 non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
11 Egli per te darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutte le tue vie.
12 Sulle mani essi ti porteranno,
perché il tuo piede non inciampi nella pietra.
13 Calpesterai leoni e vipere,
schiaccerai leoncelli e draghi.
14 «Lo libererò, perché a me si è legato,
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
15 Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell’angoscia io sarò con lui,
lo libererò e lo renderò glorioso.
16 Lo sazierò di lunghi giorni
e gli farò vedere la mia salvezza».
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo
come era nel principio
e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen.
Sub tuum praesidium
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio:
non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova,
e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.