IL GIUDILEO NELLA STORIA DELLA CHIESA | La risposta a un’attesa

«Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti».

giubileo 1300Sulla scia di quanto scritto dal beato Paolo VI nella lettera Apostolorum limina per l’anno santo  1975, possiamo affermare che all’origine del giubileo vi fu l’ansia di senso e il desiderio del popolo di Dio di un futuro non rinchiuso entro le premesse delle azioni umane ma aperto all’intervento gratuito e misericordioso di Dio.
La causa immediata del giubileo del 1300 fu, infatti, l’attesa popolare di un intervento straordinario di Dio che desse l’abbrivio al secolo incipiente, non sulle armi e sulle lettere di cambio ma sulla base del perdono e dell’indulgenza: la misericordia di Dio, come risposta alle attese, come possibilità di un nuovo inizio e  caparra della vita eterna.  La decisione di papa Bonifacio VIII di connettere la grande perdonanza al passaggio centenario fu la risposta a queste aspettative che, nonostante abbia senza dubbio offerto al pontefice anche la possibilità di riaffermare la pienezza del suo potere, significò mettere a disposizione dei fedeli i tesori preziosi della Chiesa: la sua “giurisdizione spirituale di misericordia” e – in forza della comunione che lega in Cristo tutti gli uomini – la possibilità di che i meriti dei forti (i santi) sopperiscano alla fragilità dei deboli, aldilà di ogni limite, perfino della morte.
Dal punto di vista storico, quindi, all’inizio della storia dei giubilei, con l’anno centenario del 1300, non vi è  il giubileo ebraico, ma la percezione del popolo di Dio di aver bisogno di misericordia e perdono per camminare nella storia.
L’origine della perdonanza e dell’indulgenza dell’anno centenario del 1300 è, semmai, connessa con la prassi del pellegrinaggio verso una meta potente, quella delle tombe dei martiri e dei santi, che è, tuttavia, anche una meta amica, capace di investirti – secondo a mentalità dell’uomo medievale – nel suo raggio di azione sanificante. Nella connessione fra anno centenario e giurisdizione spirituale di misericordia, il pellegrinaggio diviene oltre che metafora del cammino della vita, simbolo del cammino di un popolo attraverso la storia, di un popolo che ha bisogno di rinfrancarsi e di purificarsi, per ripartire, verso una metà che non è lui a darsi ma che gli è donata e che si approssima.
Tuttavia, in questa maniera, la connessione del giubileo cristiano con il giubileo ebraico diviene ancora più forte: non una ripresa di riti antichi e interrotti dalla tradizione cristiana, ma rilettura di fede (suggerita già da Clemente VI) alla luce della Scrittura, cioè del dialogo ininterrotto fra Dio e il suo popolo, che rimanda alla equa ed universale distribuzione delle ricchezze della terra, al valore della libertà dell’uomo che deve essere restituita e alla sua infinita dignità che è più grande della sua capacità produttiva e che respira nel riposo di Dio.

La scadenza centenaria, inizialmente pensata da papa Bonifacio, non fu mai rispettata, già nel 1350, Clemente VI da Avignone indisse un nuovo giubileo cui non partecipò. I due anni santi successivi, del 1390 e del 1400 furono celebrati nel pieno del grande scisma (1378-1417). Ma anche l’anno centenario del 1400 fu preceduto da un vasto movimento penitenziale teso alla pacificazione religiosa e civile in un momento di grande conflittualità e di epidemie mortifere. In certo qual modo è possibile affermare che questo secondo anno centenario fu subito dai due papi in lotta fra loro: Benedetto XIII tentò di proibire ai fedeli di recarsi a Roma, Bonifacio IX vide nelle masse dei pellegrini e nelle loro richieste di pacificazione anche civile un pericolo per l’ordine che era appena riuscito ad imporre nell’Urbe.
Fu Paolo II a stabilire, nel 1470, i venticinque anni di intervallo fra un giubileo e l’altro, in modo da consentire ad ogni generazione la celebrazione dell’anno santo. Durante il secolo successivo l’infelicissima introduzione della possibilità di lucrare l’indulgenza plenaria anche ad anno santo concluso a fronte del versamento di una somma di danaro fu causa di abusi e di scandali che finirono per rendere irriconoscibile il fondamento della dottrina delle indulgenze nel mistero della comunione dei santi e originarono nel 1517 una discussione, che affrontando ben altri temi e gravi problemi, diede avvio alla riforma protestante seguita – con qualche decennio di ritardo – dal Concilio di Trento e dalla riforma pastorale che quell’assise avviò. Una riforma, quella cattolica, che tardò ad essere recepita dalla curia romana, in tensione fra la testimonianza dei santi fedeli agli impulsi tridentini (fra cui alcuni papi) e le esigenze mondane di una corte chiamata a tenere in piedi uno stato senza più alcun peso internazionale e il prestigio di varie famiglie papali e cardinalizie.
I Giubilei del XVIII secolo furono, finalmente, il riflesso della via via sempre più incisiva azione riformista dei papi, in particolare il Giubileo del 1750 indetto da Benedetto XV, che si avvalse della predicazione di san Leonardo da Porto Maurizio. Seguirono il giubileo del 1775 sotto il pontificato di Pio VI, il cui successore, Pio VII, non indisse il giubileo centenario stante l’eccezionalità della sua elezione (14 marzo 1800) avvenuta fuori Roma a seguito della morte, in esilio, del papa.
Fu invece indetto da Leone XII il giubileo del 1825, mentre quello del 1850 non potè essere celebrato per la fuga del papa da Roma a seguito della proclamazione della repubblica romana; nonostante la Roma pontificia fosse, nel frattempo, tramontata per sempre, Pio XI decise di indire l’anno santo nel 1875, abolendo tuttavia tutte le manifestazioni fuori dalla Basilica del colle Vaticano nel quale si era rinchiuso dopo l’occupazione romana da parte delle truppe italiane. Il XX secolo ebbe invece tutti i suoi quattro giubilei ordinari e due straordinari della Redenzione, nel 1933 e nel 1983.
Il terzo millennio dell’era cristiana è stato aperto dal grande giubileo del 2000 indetto da san Giovanni Paolo II; oggi, a cinquanta anni dalla conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II, papa Francesco ha indetto il giubileo straordinario della Misericordia a rafforzare quel  processo di conversione pastorale e missionaria da lui richiesto a tutte le comunità cristiane nella esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Conversione pastorale che ha la sua scaturigine nel mistero dell’incontro di Dio con l’uomo che fu l’oggetto dell’investigazione dei padri conciliari e costituisce così il patrimonio dogmatico sul quale riposa la vita e la missione della Chiesa che non teme di attraversare il terzo millennio nella testimonianza e nel dono della misericordia di Dio, all’incontro dell’intera famiglia dei popoli della terra, che anche oggi ha ansia di senso e bisogno di futuro.