I SETTIMANA di Avvento – LUNEDÌ 30 NOVEMBRE 2015

Matteo 8, 5-11

Entrato in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: “Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente”. Gli disse: “Verrò e lo guarirò”. Ma il centurione rispose: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa”. Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: “In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli”.

Meditazione

L’Avvento di questo anno si è aperto all’insegna di due parole: giustizia e giudizio, parole caratteristiche del “giorno del Signore” che sono risuonate nella liturgia domenicale insieme all’invito a vegliare per non essere sorpresi dalla venuta del Figlio dell’uomo.

La colletta di questo primo lunedì di Avvento ci avverte che l’attesa si nutre di preghiera e di carità operosa.

Non si tratta infatti di una attesa impaurita, ma di una attesa gioiosa perché, come dice il brano del profeta Isaia (2, 1-5) si attende non un giudizio di condanna, ma la salvezza del Signore, che è grande e misericordioso, e l’avvento di un mondo finalmente pacificato con la bellissima immagine degli strumenti di guerra trasformati in strumenti di pace. Una salvezza non riservata a pochi, ma che tutte le genti possono ricevere come dono del Signore.

In questo contesto il brano del vangelo di oggi (Mt 8, 5-11) dichiara che la profezia di Isaia si è avverata con la presenza del Signore Gesù, il quale manifesta un “potere” che suscita meraviglia e perplessità in coloro che lo incontrano, ascoltano le sue parole (7, 28-29) e vedono i segni che egli opera.

Sono segni di speranza e di salvezza che non si fermano al popolo di Israele, ma toccano tutti coloro che riconoscono in lui l’inviato di Dio che con fatti e parole porta la buona notizia.

Il centurione, di cui parla l’evangelista Matteo, è mosso dalla fede in Gesù Signore e dalla carità verso il suo servo paralizzato e sofferente. Una fede e una carità a tutta prova, che manifesta anche l’umiltà di quest’uomo, per altri versi abituato a comandare, e che si ritiene addirittura indegno di accogliere Gesù nella sua casa. E questo non è solo un gesto di umiltà, ma è anche un gesto di profondo rispetto e attenzione nei confronti di Gesù. Il centurione sa benissimo che, una volta entrato nella casa di un pagano, qualsiasi israelita sarebbe diventato impuro.

Di qui la meraviglia di Gesù e la sua affermazione: “Non ho trovato una fede così grande in Israele!” unita alla constatazione che a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe siederanno i molti che verranno da oriente e da occidente.

Una lezione terribilmente attuale, quella del centurione, per tutti noi popoli cosiddetti cristiani che guardiamo con diffidenza tutti quelli che si avvicinano a Gesù e al suo vangelo e pretendiamo di averne l’esclusiva credendo magari che basti riempire le piazze e allo stesso tempo dimentichiamo i fratelli sofferenti accanto a noi pensando magari che possano turbare la nostra tranquillità di “buoni cristiani”.

Spunti di riflessione

Iniziamo il nostro itinerario in preparazione al Natale cercando di alimentare la nostra fede come ha fatto il Centurione elevando la nostra preghiera fiduciosa al Signore nel compimento di atti di carità verso i nostri fratelli bisognosi del nostro tempo, del nostro ascolto, della nostra accoglienza, del nostro aiuto.