Esercizi spirituali nel quotidiano 2018 – I

Martedì 27 novembre

BEATI
i poveri in spirito…
quelli che sono nel pianto…

STATIO: IN SILENZIO, METTIAMOCI ALLA PRESENZA DEL SIGNORE

Invochiamo lo Spirito Santo (Charles de Foucauld, † 1916)
O Spirito Santo Paraclito,
pieno di gioia inizio la preghiera
con le parole del Veni Creator
“Donaci di conoscere il Padre,
e di conoscere il Figlio”.
Sì, o Spirito del Padre,
dolce ospite dell’anima,
resta sempre con me
per farmi conoscere il Figlio
sempre più profondamente.
O Spirito di santità,
donami la grazia
di amare Gesù con tutto il cuore,
di servirlo con tutta l’anima
e di fare sempre e in tutto
ciò che a lui piace.
O Spirito dell’amore,
concedi a una piccola
e povera creatura come me,
di rendere una gloria sempre più grande
a Gesù, mio amato Salvatore. Amen

In cammino sulle orme di Gesù
Ogni uomo è attraversato da una domanda che risuona nel profondo nel suo cuore: cosa voglio fare della mia vita? Quale ‘volto’ desidero dare a me stesso? Chi crede in Gesù, trova in lui risposta a questa urgente domanda. È proprio il volto di Gesù che siamo chiamati a ritrarre nelle nostre vite, trasfigurandole a sua immagine, sempre più a lui assimilati, sempre più figli nel Figlio. Noi siamo fatti per essere in Dio attraverso Gesù: è questa la nostra felicità. In Gesù noi riconosciamo per noi stessi e per tutti gli uomini la possibilità di una nuova umanità, ricostituita nella sua bellezza e nella sua armonia originaria.

Con questa consapevolezza iniziamo il cammino diocesano degli esercizi spirituali nel quotidiano.

Tutte le volte che ci mettiamo in ascolto della parola di Dio e la facciamo entrare nel nostro cuore, essa germoglia in noi e ci aiuta a conoscere sempre meglio Gesù, radicandoci in lui e rendendoci sempre più simili a lui.

In questi giorni saremo accompagnati dalle otto beatitudini che Gesù annuncia aprendo il Discorso della montagna (Matteo capitoli 5-7). È un testo speciale, tanto che lo scrittore François Mauriac poté affermare: “Chi non ha mai letto il discorso della montagna non è in grado di sapere cosa sia il cristianesimo”.

Le beatitudini sono come il portone di ingresso di questo discorso che Gesù ci consegna perché lo ascoltiamo con amore e lasciamo che penetri nelle nostre vite per trasformarle. Esse tracciano il ritratto dell’uomo che vive secondo il progetto di Dio, come Gesù ha fatto in modo perfetto, invitandoci a farle diventare sempre più il nostro stile di vita: sono, come scrive papa Francesco, “la carta di identità del cristiano” (GE 63).

Saliamo con Gesù sul monte e ascoltiamolo mentre si rivolge con autorità ai suoi discepoli. Il Maestro li istruisce e getta le fondamenta della sua comunità. Accanto a loro ci sono anche le “folle” (Mt 5,1). Il discorso di Gesù, infatti, non è riservato a pochi eletti. Anche se non tutti rispondono allo stesso modo (Mt 7,28), nessuno deve sentirsi escluso dall’annuncio di Gesù.

Oggi quell’annuncio risuona nella comunità cristiana chiamata a proclamare con le parole e con il suo stile di vita quell’insegnamento. Noi oggi siamo chiamati a testimoniare la vita nuova, beata, che Gesù ha annunciato e pienamente vissuto; siamo chiamati a far risplendere quello stile di vita autenticamente fraterno, dove si vive la logica del dono di sé, dell’amore reciproco, della misericordia, della giustizia, della pace.

Tutto questo può sembrarci molto esigente, forse una meta irraggiungibile, una bella utopia che non fa i conti con la realtà. Certo, Gesù è esigente con i suoi discepoli e anche con noi oggi. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che Gesù non è venuto ad annunciarci un severo codice morale, ma una buona notizia. E la buona notizia è che la salvezza ci è già donata in Gesù. Il Regno di Dio è già in mezzo a noi.

Le esigenze del Discorso della montagna non sono condizioni da ‘super discepoli’ del Regno di Gesù: esse sono dono prima che compito; sono i cardini di uno stile di vita ‘da discepoli di Gesù’, una vita piena, felice, ‘beata’. Tracciano un cammino di libertà che Gesù per primo ha percorso; un cammino che fin da ora ci svela qualcosa di ciò che vivremo in pienezza nel Regno, quando Dio sarà tutto in tutti.

Saliamo anche noi quel monte oggi in compagnia di tanti fratelli e sorelle, senza timore, senza paure. Facciamo pulizia nel nostro cuore; facciamo spazio perché la parola di Gesù possa essere da noi non solo ‘udita’ ma ‘ascoltata’. Lasciamo che il seme del Regno, deposto nel nostro cuore, si schiuda verso la felicità che non conosce tramonto.

LECTIO:        PARLA, SIGNORE, IL TUO SERVO TI ASCOLTA!

Facciamo silenzio, prima di ascoltare la Parola,
perché i nostri pensieri sono già rivolti verso la Parola;
facciamo silenzio, dopo l’ascolto della Parola,
perché questa ci parla ancora, vive e dimora in noi.
Facciamo silenzio la mattina presto,
perché Dio deve avere la prima Parola,
e facciamo silenzio prima di coricarci,
perché l’ultima Parola appartiene a Dio.
Facciamo silenzio solo per amore della Parola.  

(D. Bonhoeffer, † 1945)

Dal vangelo secondo Matteo (5,1-4)
1Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
3«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.

PER COMPRENDERE IL TESTO
Beati!
È come un ritornello che cadenza i versetti che aprono il Discorso della montagna. Un tono di grande felicità, di gioia piena segna questo discorso.

Le beatitudini dichiarano una felicità che è già presente e nello stesso tempo è oltre. Ci invitano a guardare la storia con occhi nuovi, scorgendovi la gioia del Regno di Dio che cresce, cresce… nonostante tutte le difficoltà, le fatiche, i ritardi, il peccato. Ci invitano a guardare la nostra vita in modo diverso, alla luce del progetto di amore che Dio ha per ciascuno di noi.

La felicità che Gesù annuncia è per certi versi paradossale: noi diremmo piuttosto beati i ricchi, quelli che ridono ecc…. Eppure sentiamo nel nostro cuore che le parole di Gesù sono vere, che rispondono ai desideri profondi del nostro cuore.

Le beatitudini sono germi di speranza perché le promesse a loro legate hanno Dio stesso come garante; è Dio che consola, sazia, usa misericordia, ci chiama suoi figli… E questa è la nostra vera gioia. I poveri, coloro che piangono, i miti, gli affamati e assetati, i perseguitati … sono tutti convocati da Gesù, chiamati fin da adesso a gioire di quel Regno che Gesù è venuto a inaugurare.

Ciascuna beatitudine è articolata in tre parti: la proclamazione dello stato di beati, la condizione delle persone che vengono dichiarate beate (poveri in spirito, miti ecc..), la descrizione di ciò che queste persone stanno vivendo o di ciò che le attende in futuro e che è il motivo della loro beatitudine (perché di essi è il regno dei cieli… perché saranno consolati…).

Beati i poveri in spirito
Cerchiamo di entrare in punta di piedi nel senso profondo delle prime due beatitudini. Invochiamo ancora lo Spirito del Signore perché sia luce sul nostro cammino e ci faccia vedere la nostra vita con gli occhi di Dio, secondo il suo progetto di amore per noi.

Chi sono i poveri in spirito che Gesù chiama beati?

Lo spirito è ciò che rende l’uomo vivo: è l’alito di vita che Dio ha soffiato nelle narici dell’uomo perché divenisse un essere vivente (Gen 1,7). Il povero che Gesù chiama beato è povero ‘in quanto allo spirito’ ovvero la povertà lo caratterizza in profondità; non è tanto una condizione esterna a lui quanto una condizione interiore, vitale.

Di che povertà parla Gesù? In prima istanza non si tratta di povertà materiale; si tratta piuttosto della percezione di essere in una situazione di indigenza, di bisogno, di dipendenza. È la consapevolezza di essere poveri, limitati, fragili. È l’esatto opposto di chi si sente autosufficiente, di chi pensa di bastare a se stesso, di potersi costruire una vita senza gli altri, di chi si vanta di non dipendere da nessuno. Certamente la povertà materiale può generare una situazione in cui si prende coscienza della propria indigenza, in cui si sperimenta la propria dipendenza materiale come segno di quella esistenziale che caratterizza ogni uomo. La povertà che rende beati è la povertà di chi riconosce la propria dipendenza da Dio, il Creatore, colui dal quale abbiamo ricevuto il dono della vita, il senso della nostra esistenza, la salvezza.

Il povero è colui che sa accogliere: è nella disposizione d’animo di chi non possedendo in proprio nulla, si apre al dono con gratitudine. E il dono di Dio è senza limiti: il Regno. A tutti coloro che hanno coscienza di dipendere in tutto da Dio, Dio fa dono di tutto se stesso, si fa presente nelle loro vite, si manifesta in tutta la sua regalità. Dove Dio abita, dove Dio è Signore, lì è il suo Regno. Questa presenza del Regno, questa presenza di Dio, è causa della gioia, della beatitudine dei poveri in spirito.

Beati quelli che sono nel pianto
Gesù non dichiara beati coloro che sono colpiti da qualche disgrazia. Non c’è nessun compiacimento per la sofferenza in se stessa nelle sue parole: Gesù non elogia la sofferenza in quanto tale.

Egli proclama beati coloro che piangono per tutte le variegate forme di sofferenza che abitano la nostra terra. Chiama beati non chi si compiace della sofferenza (propria o altrui) ma chi si fa solidale con chi è nella sofferenza, piange con lui, soffre con chi soffre, è vulnerabile come l’amante è vulnerabile a qualsiasi sofferenza dell’amato. Il contrario di questa beatitudine è lo stato di chi si chiude in se stesso, vive blindato nel proprio benessere, nella propria autosufficienza, si protegge dal pianto di chi soffre, lo rimuove, si fa una corazza per non rischiare di venire coinvolto. Pensa di essere immune dal pianto: e così non si accorge neppure della consolazione che il Signore dona a chi soffre. Gesù annuncia la consolazione di Dio per i beati che sono nel pianto: sono già beati e la loro consolazione sarà piena: “Come una madre consola il figlio, così io vi consolerò” (Is 66,13). Lasciamoci consolare da Dio.

MEDITATIO: LA PAROLA RISUONI NEI NOSTRI CUORI

Leggiamo e rileggiamo il testo biblico
perché la Parola risuoni nel nostro cuore.
Facciamo silenzio perché possiamo ascoltare
quanto il Signore vorrà dire a ciascuno di noi.

Per accompagnare la nostra meditazione ascoltiamo papa Francesco (Gaudete et exsultate, 67-70;75-76)

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli
Il Vangelo ci invita a riconoscere la verità del nostro cuore, per vedere dove riponiamo la sicurezza della nostra vita. Normalmente il ricco si sente sicuro con le sue ricchezze, e pensa che quando esse sono in pericolo, tutto il senso della sua vita sulla terra si sgretola. Gesù stesso ce l’ha detto nella parabola del ricco stolto, parlando di quell’uomo sicuro di sé che, come uno sciocco, non pensava che poteva morire quello stesso giorno (cfr Lc 12,16-21).

Le ricchezze non ti assicurano nulla. Anzi, quando il cuore si sente ricco, è talmente soddisfatto di sé stesso che non ha spazio per la Parola di Dio, per amare i fratelli, né per godere delle cose più importanti della vita. Così si priva dei beni più grandi. Per questo Gesù chiama beati i poveri in spirito, che hanno il cuore povero, in cui può entrare il Signore con la sua costante novità.

Questa povertà di spirito è molto legata con quella “santa indifferenza” che proponeva sant’Ignazio di Loyola, nella quale raggiungiamo una bella libertà interiore: «Per questa ragione è necessario renderci indifferenti verso tutte le cose create (in tutto quello che è permesso alla libertà del nostro libero arbitrio e non le è proibito), in modo da non desiderare da parte nostra più la salute che la malattia, più la ricchezza che la povertà, più l’onore che il disonore, più la vita lunga piuttosto che quella breve, e così in tutto il resto».

Luca non parla di una povertà “di spirito” ma di essere «poveri» e basta (cfr Lc 6,20), e così ci invita anche a un’esistenza austera e spoglia. In questo modo, ci chiama a condividere la vita dei più bisognosi, la vita che hanno condotto gli Apostoli e in definitiva a conformarci a Gesù, che «da ricco che era, si è fatto povero» (2 Cor 8,9).

Essere poveri nel cuore, questo è santità.

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati
Il mondo ci propone il contrario: il divertimento, il godimento, la distrazione, lo svago, e ci dice che questo è ciò che rende buona la vita. Il mondano ignora, guarda dall’altra parte quando ci sono problemi di malattia o di dolore in famiglia o intorno a lui. Il mondo non vuole piangere: preferisce ignorare le situazioni dolorose, coprirle, nasconderle. Si spendono molte energie per scappare dalle situazioni in cui si fa presente la sofferenza, credendo che sia possibile dissimulare la realtà, dove mai, mai può mancare la croce.

La persona che vede le cose come sono realmente, si lascia trafiggere dal dolore e piange nel suo cuore è capace di raggiungere le profondità della vita e di essere veramente felice. Quella persona è consolata, ma con la consolazione di Gesù e non con quella del mondo. Così può avere il coraggio di condividere la sofferenza altrui e smette di fuggire dalle situazioni dolorose. In tal modo scopre che la vita ha senso nel soccorrere un altro nel suo dolore, nel comprendere l’angoscia altrui, nel dare sollievo agli altri. Questa persona sente che l’altro è carne della sua carne, non teme di avvicinarsi fino a toccare la sua ferita, ha compassione fino a sperimentare che le distanze si annullano. Così è possibile accogliere quell’esortazione di san Paolo: «Piangete con quelli che sono nel pianto» (Rm 12,15).

Saper piangere con gli altri, questo è santità.

Papa Francesco, Gaudete et exsultate, 67-70;75-76

DURANTE LA GIORNATA rileggiamo il testo e lasciamolo risuonare nel nostro cuore.

  1. Quando leggo le beatitudini, qual è la mia prima reazione? Le considero utopie? belle parole, ma la realtà è altro? penso che siano irrealizzabili? Parliamone con il Signore e se possibile anche con amici o familiari.
  2. “Il Vangelo ci invita a riconoscere la verità del nostro cuore, per vedere dove riponiamo la sicurezza della nostra vita” (GE 67). Dove pongo la sicurezza della mia vita? Prima di rispondere facciamo silenzio nel nostro cuore e chiediamo allo Spirito di aiutarci a rispondere in sincerità. Ci sono tanti piccoli o grandi idoli nel nostro cuore. Facciamo posto al Signore. Riflettiamo se davvero crediamo che i poveri e quelli che sono nel pianto sono beati e che a loro appartiene il Regno dei cieli, loro saranno oggetto di una speciale consolazione di Dio.
  3. Quando penso ai poveri che Gesù ama in modo privilegiato a chi penso oggi? Spesso abbiamo un’idea sdolcinata e poco realista dei poveri che Gesù ha incontrato e amato nella sua vita terrena. Leggiamo i paragrafi 96-99 dell’Esortazione di papa Francesco Gaudete et exsultate e chiediamo al Signore la “sana e permanete insoddisfazione” di cui il papa ci parla (GE 99).
  4. Prendiamo la Bibbia e cerchiamo i passi della Scrittura che sono citati nel commento al testo o nei paragrafi dell’Esortazione Gaudete et exsultate riportati. Il confronto con la Scrittura ci aiuterà a comprendere meglio il senso delle Beatitudini. La Scrittura illumina la Scrittura.
  5. Prendiamo una matita e sottolineiamo quello che ci colpisce in modo particolare nel testo o nel commento o nei paragrafi riportati di Gaudete et exsultate, quello che vorremmo comprendere meglio o vivere con maggior impegno ed entusiasmo, quello che ci sorprende, quello ci infonde coraggio…. Facciamo nostro il testo anche in questo semplice ma utile modo.

ORATIO:     A TE, SIGNORE, SALE LA MIA PREGHIERA

Preghiera semplice
O Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace:
dove è odio, fa’ ch’io porti l’amore.
Dove è offesa, ch’io porti il perdono.
Dove è discordia, ch’io porti l’unione.
Dove è dubbio, ch’io porti la fede.
Dove è errore, ch’io porti la verità.
Dove è disperazione, ch’io porti la speranza.
Dove è tristezza, ch’io porti la gioia
Dove sono le tenebre, ch’io porti la luce.

O Maestro, fa’ ch’io non cerchi tanto:
essere consolato, quanto consolare.
Essere compreso, quanto comprendere.
Essere amato, quanto amare.
Poiché è
dando, che si riceve;
perdonando, che si è perdonati;
morendo, che si resuscita a vita eterna. Amen.

CONTEMPLATIO:
DAMMI OCCHI NUOVI, SIGNORE,
PER CONTEMPLARE LE TUE MERAVIGLIE!

Chiediamo con umiltà al Signore un cuore puro,
capace di vedere tutto e tutti
con gli occhi buoni di Dio che è buono.

Nel silenzio                  (Carlo Maria Martini, † 2012)
Donaci, Gesù, di vivere questo momento di silenzio
in stretta comunione con te,
riprendendo a una a una le tue parole,
ripercorrendole, interrogandoti,
invocando la luce
per intercessione di Maria, vergine della fede.
Donaci, Signore, di vivere questo momento di silenzio
raccogliendo dalle tue parole la gioia di vivere la fede.

ACTIO: SIGNORE, COSA VUOI CHE IO FACCIA?

Abbiamo ascoltato, meditato, pregato.
La Parola ci chiede di essere vissuta
nella concretezza di tutti i giorni, a cominciare da OGGI.

Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,            Sl 25(24),5
perché sei tu il Dio della mia salvezza;.
io spero in te tutto il giorno.