Esercizi spirituali nel quotidiano 2018 – II

Mercoledì 28 novembre

BEATI
i miti…
quelli che hanno fame e sete della giustizia…

STATIO: IN SILENZIO,
METTIAMOCI ALLA PRESENZA DEL SIGNORE

Invochiamo lo Spirito Santo            (Jean Galot, † 2008)

Spirito di Dio,
vieni ad aprire sull’infinito
le porte del nostro spirito e del nostro cuore.
Aprile definitivamente
e non permettere che noi tentiamo di richiuderle.
Aprile al mistero di Dio
e all’immensità dell’universo.
Apri il nostro intelletto
agli stupendi orizzonti della divina Sapienza.
Apri il nostro modo di pensare
perché sia pronto ad accogliere i molteplici punti di vista diversi dai nostri.
Apri la nostra simpatia
alla diversità dei temperamenti
e delle personalità che ci circondano.
Apri il nostro affetto
a tutti quelli che sono privi di amore,
a quanti chiedono conforto.
Apri la nostra carità ai problemi del mondo,
a tutti i bisogni della umanità. Amen.

LECTIO:        PARLA, SIGNORE
IL TUO SERVO TI ASCOLTA!

Facciamo silenzio, prima di ascoltare la Parola,
perché i nostri pensieri sono già rivolti verso la Parola;
facciamo silenzio, dopo l’ascolto della Parola,
perché questa ci parla ancora, vive e dimora in noi.
Facciamo silenzio la mattina presto,
perché Dio deve avere la prima Parola,
e facciamo silenzio prima di coricarci,
perché l’ultima Parola appartiene a Dio.
Facciamo silenzio solo per amore della Parola.
                                                                                       (D. Bonhoeffer, † 1945)

Dal vangelo secondo Matteo (5,5-6)
5Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.

BREVE COMMENTO AL TESTO:
Beati i miti
I miti che Gesù chiama beati non sono coloro che per pigrizia, per ignavia, per tornaconto stanno in disparte a guardare la vita che scorre, cercando di sporcarsi le mani il meno possibile.

Il mite è certamente colui che rinuncia alla violenza e ad atteggiamenti violenti; non si lascia trasportare dall’ira, dall’invidia, dalla vendetta. Oltre a questa attitudine non violenta che coltiva attivamente, il mite secondo Gesù è colui che prima di tutto confida in Dio, ha in Dio una fiducia illimitata, lascia a Dio le redini della sua vita e vede la sua opera in atto. Il suo modello è Gesù, mite e umile di cuore (Mt 11,29); la sua forza è lo Spirito, tra i cui frutti è la mitezza (Gal 5,22).

Al modo di Gesù il mite è una persona pacificata con se stesso e con le persone che gli stanno accanto; non chiude gli occhi, non si gira dall’altra parte, ma è capace di conservare il rispetto, la tolleranza, la prudenza, la temperanza anche nelle situazioni più gravi.

È in pace anche con Dio: con umiltà e fiducia, beato, attende la terra che gli è promessa in dono, quella pienezza di vita che la terra promessa assicurava al pio israelita e che Gesù è venuto a portare a compimento.

Il mite vive con gratitudine questa promessa: si sente figlio, per questo aspetta il dono dell’eredità del Padre.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia
Fame e sete sono due bisogni primari, due stati che assorbono tutta la persona nel momento in cui li sta vivendo. Pensiamo a un assetato nel deserto: il desiderio di un po’ di acqua assorbe tutte le sue energie e i suoi pensieri. Così la giustizia, secondo Gesù, deve essere per il discepolo un bisogno primario, radicale. Dal soddisfacimento di questo bisogno dipende la sua stessa vita.

Il senso profondo di questa giustizia è ampio. Gesù è il giusto: guardando a lui possiamo cogliere questo ampio significato. La giustizia è la sintesi delle radicali esigenze strettamente connesse al Regno di Dio. È la decisione di vivere la propria vita, in tutti i suoi aspetti e dinamiche, in fedeltà al Regno che Gesù è venuto a inaugurare. È l’impegno costante perché esso si ramifichi nella storia degli uomini e la renda sempre più conforme al progetto di Dio.

Ovviamente questo comprende anche la dimensione sociale delle giustizia: nel Regno di Dio non c’è posto per oppressioni, violenze, disuguaglianze sociali, sfruttamento dei poveri e degli ultimi.

La giustizia del Regno è questo e altro ancora: è la legge che vige nel cielo nuovo e nella terra nuova promessi (Ap 21,1), che il discepolo di Gesù deve attivamente cercare (Mt 6,33) consacrandosi totalmente perché il progetto divino della ‘giustizia’ si attui pienamente.

Il discepolo non può accontentarsi, non può non ricercare attivamente l’acqua e il cibo della giustizia di cui ha bisogno per vivere. Attende con gioia la pienezza della sua beatitudine, quando la sua fame e sete saranno saziate, finalmente e definitivamente.

MEDITATIO: LA PAROLA RISUONI NEI NOSTRI CUORI

Leggiamo e rileggiamo il testo biblico
perché la Parola risuoni nel nostro cuore.

Per accompagnare la nostra meditazione ascoltiamo papa Francesco (Gaudete et exsultate, 71-74; 77-79)

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra
È un’espressione forte, in questo mondo che fin dall’inizio è un luogo di inimicizia, dove si litiga ovunque, dove da tutte le parti c’è odio, dove continuamente classifichiamo gli altri per le loro idee, le loro abitudini, e perfino per il loro modo di parlare e di vestire. Insomma, è il regno dell’orgoglio e della vanità, dove ognuno crede di avere il diritto di innalzarsi al di sopra degli altri. Tuttavia, nonostante sembri impossibile, Gesù propone un altro stile: la mitezza. È quello che Lui praticava con i suoi discepoli e che contempliamo nel suo ingresso in Gerusalemme: «Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro» (Mt 21,5; cfr Zc 9,9).

Egli disse: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11,29). Se viviamo agitati, arroganti di fronte agli altri, finiamo stanchi e spossati. Ma quando vediamo i loro limiti e i loro difetti con tenerezza e mitezza, senza sentirci superiori, possiamo dar loro una mano ed evitiamo di sprecare energie in lamenti inutili. Per santa Teresa di Lisieux «la carità perfetta consiste nel sopportare i difetti altrui, non stupirsi assolutamente delle loro debolezze».

Paolo menziona la mitezza come un frutto dello Spirito Santo (cfr Gal 5,23). Propone che, se qualche volta ci preoccupano le cattive azioni del fratello, ci avviciniamo per correggerle, ma «con spirito di dolcezza» (Gal 6,1), e ricorda: «e tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu» (). Anche quando si difende la propria fede e le proprie convinzioni, bisogna farlo con mitezza (cfr 1Pt 3,16), e persino gli avversari devono essere trattati con mitezza (cfr 2Tm 2,25). Nella Chiesa tante volte abbiamo sbagliato per non aver accolto questo appello della Parola divina.

La mitezza è un’altra espressione della povertà interiore, di chi ripone la propria fiducia solamente in Dio. Di fatto nella Bibbia si usa spesso la medesima parola anawim per riferirsi ai poveri e ai miti. Qualcuno potrebbe obiettare: “Se sono troppo mite, penseranno che sono uno sciocco, che sono stupido o debole”. Forse sarà così, ma lasciamo che gli altri lo pensino. È meglio essere sempre miti, e si realizzeranno le nostre più grandi aspirazioni: i miti «avranno in eredità la terra», ovvero, vedranno compiute nella loro vita le promesse di Dio. Perché i miti, al di là di ciò che dicono le circostanze, sperano nel Signore e quelli che sperano nel Signore possederanno la terra e godranno di grande pace (cfr Sal 37,9.11). Nello stesso tempo, il Signore confida in loro: «Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi trema alla mia parola» (Is 66,2).

Reagire con umile mitezza, questo è santità.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati
«Fame e sete» sono esperienze molto intense, perché rispondono a bisogni primari e sono legate all’istinto di sopravvivenza. Ci sono persone che con tale intensità aspirano alla giustizia e la cercano con un desiderio molto forte. Gesù dice che costoro saranno saziati, giacché presto o tardi la giustizia arriva, e noi possiamo collaborare perché sia possibile, anche se non sempre vediamo i risultati di questo impegno.

Ma la giustizia che propone Gesù non è come quella che cerca il mondo, molte volte macchiata da interessi meschini, manipolata da un lato o dall’altro. La realtà ci mostra quanto sia facile entrare nelle combriccole della corruzione, far parte di quella politica quotidiana del “do perché mi diano”, in cui tutto è commercio. E quanta gente soffre per le ingiustizie, quanti restano ad osservare impotenti come gli altri si danno il cambio a spartirsi la torta della vita. Alcuni rinunciano a lottare per la vera giustizia e scelgono di salire sul carro del vincitore. Questo non ha nulla a che vedere con la fame e la sete di giustizia che Gesù elogia.

Tale giustizia incomincia a realizzarsi nella vita di ciascuno quando si è giusti nelle proprie decisioni, e si esprime poi nel cercare la giustizia per i poveri e i deboli. Certo la parola “giustizia” può essere sinonimo di fedeltà alla volontà di Dio con tutta la nostra vita, ma se le diamo un senso molto generale dimentichiamo che si manifesta specialmente nella giustizia con gli indifesi: «Cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova» (Is 1,17).

Cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità.

Papa Francesco, Gaudete et exsultate, 71-74; 77-79

PER RIFLETTERE DURANTE LA GIORNATA

  1. “Persino gli avversari devono essere trattati con mitezza (cfr 2Tm 2,25)” (GE 73). Papa Francesco ci ricorda che la mitezza che Gesù ci chiede di vivere non può essere a tempo o a seconda delle situazioni. Dobbiamo coltivarla come attitudine permanete della nostra vita, cominciando dalle piccole cose di tutti i giorni. Così potremo essere miti anche verso gli avversari. Anzi, come Gesù ci chiede, riusciremo perfino ad amare i nostri nemici e a pregare per quelli che ci perseguitano (Mt 5,44). Chiediamo al Signore il dono della mitezza.
  2. «Cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova» (Is 1,17): cosa posso fare oggi per attualizzare questa parola nella mia vita? Quale gesto, parola posso oggi decidere per cercare attivamente la giustizia?
  3. Chiediamo senza paura al Signore di sperimentare la sua sete e la sua fame di giustizia, la sua passione per il Regno di Dio, che attendiamo con impazienza.
  4. Prendiamo la Bibbia e cerchiamo i passi della Scrittura che sono citati nel commento al testo o nei paragrafi dell’Esortazione Gaudete et exsultate riportati. Il confronto con la Scrittura ci aiuterà a comprendere meglio il senso delle Beatitudini. La Scrittura illumina la Scrittura.
  5. Prendiamo una matita e sottolineiamo quello che ci colpisce in modo particolare nel testo o nel commento o nei paragrafi riportati di Gaudete et exsultate, quello che vorremmo comprendere meglio o vivere con maggior impegno ed entusiasmo, quello che ci sorprende, quello ci infonde coraggio…. Facciamo nostro il testo anche in questo semplice ma utile modo.

ORATIO: A TE, SIGNORE, SALE LA MIA PREGHIERA!

Avranno in eredità la terra      (Salmo 37,1-11)
Non irritarti a causa dei malvagi,
non invidiare i malfattori.
Come l’erba presto appassiranno;
come il verde del prato avvizziranno.

Confida nel Signore e fa’ il bene:
abiterai la terra e vi pascolerai con sicurezza.
Cerca la gioia nel Signore
esaudirà i desideri del tuo cuore.

Affida al Signore la tua via,
confida in lui ed egli agirà:
farà brillare come luce la tua giustizia,
il tuo diritto come il mezzogiorno.

Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui;
non irritarti per chi ha successo,
per l’uomo che trama insidie.

Desisti dall’ira e deponi lo sdegno,
non irritarti: non ne verrebbe che male;
perché i malvagi saranno eliminati,
ma chi spera nel Signore avrà in eredità la terra.

Ancora un poco e il malvagio scompare:
cerchi il suo posto, ma lui non c’è più.
I poveri invece avranno in eredità la terra
e godranno di una grande pace.

CONTEMPLATIO: DAMMI OCCHI NUOVI, SIGNORE,
PER CONTEMPLARE LE TUE MERAVIGLIE!

Chiediamo con umiltà al Signore un cuore puro,
capace di vedere tutto e tutti
con gli occhi buoni di Dio che è buono.

Nel silenzio                  (Carlo Maria Martini, † 2012)
Donaci, Gesù,
di vivere questo momento di silenzio
in stretta comunione con te,
riprendendo a una a una le tue parole,
ripercorrendole, interrogandoti,
invocando la luce
per intercessione di Maria, vergine della fede.
Donaci, Signore,
di vivere questo momento di silenzio
raccogliendo dalle tue parole
la gioia di vivere la fede.

ACTIO:  SIGNORE, COSA VUOI CHE IO FACCIA?

Abbiamo ascoltato, meditato, pregato.
La Parola ci chiede di essere vissuta
nella concretezza di tutti i giorni, a cominciare da OGGI.

La mia parte è il Signore:               Sl 119(118),57.6
ho deciso di osservare le tue parole.
Mi affretto e non voglio tardare
a osservare i tuoi comandi.