LA MISERICORDIA NELLA TRADIZIONE EBRAICA | Seguire le vie del Signore

di  Rav Joseph Levi*

levi-755x431Apprezzo molto l’invito  di Papa  Bergoglio a ricordare  e riconoscere che la misericordia, come valore religioso, è comune a tutte le religioni del mondo,  principalmente a quelle monoteiste.
In particolar modo questo richiamo riguarda il nesso fra ebraismo e cristianesimo e la riflessione profonda sulla misura della giustizia e della misericordia come due aspetti ed attributi della divinità.
La Torà ed i libri profetici, secondo la tradizione ebraica e gli insegnamenti rabbinici dei primi secoli, sottolineano in vari modi la centralità della misericordia nella vita privata e sociale e la rilevanza che la misericordia occupa nell’insegnamento biblico, a partire delle creazione.
La creazione di Adamo non sarebbe stata possibile, secondo certe interpretazioni midrashiche del testo, se non per la scelta divina di permettere alla misura della misericordia di prendere ancora più forza e spazio rispetto alla misura della giustizia, permettendo così la creazione del primo uomo, destinato a non dover vivere secondo i rigorosi principi della giustizia.
Verso Abramo, il primo patriarca, il Signore nutre un sentimento ed una fiducia particolari,  perché riconosce in esso colui che lascerà come eredità ed insegnamento ai suoi figli l’impegno di “seguire la vie del Signore, vie di Giustizia e di Misericordia”, due valori base dell’insegnamento biblico che vanno tenuti sempre con giusto equilibrio.
Secoli dopo la Mishnà, una raccolta di insegnamenti rabbinici, nel trattato Pirkè Avot (Massime dei padri), ci insegnerà che il mondo poggia su tre principi: sullo studio e sull’applicazione degli insegnamenti della Torà; sul servizio sacerdotale al Tempio; e sulla Gemilut Hassadim, la misericordia, ovvero le opere mirate al bene dell’altro. Nell’insieme delle regole e degli insegnamenti di vita rivelati a Mosè, che sono la base delle modalità di vita ebraica, è sempre sottolineata la necessità di considerare le difficoltà e le situazioni disagiate dell’altro, cioè lo straniero, l’orfano, la vedova, o chiunque si trovi in difficoltà di tipo economico.
Nel Levitico e nel Deuteronomio la Torà ci ricorda che Hashem  (il Nome – alludendo al Tetragramma impronunciabile) ascolta il grido degli orfani e  dei bisognosi  e raccomanda di ascoltare e dare attenzione alle necessità dei più deboli della società: pagare loro il salario dovuto nel giorno stesso della prestazione del lavoro, essere attenti e consapevoli in tutte le attività agricole e produttive della presenza dei più deboli e bisognosi, offrire loro ospitalità e permettergli di raccogliere grano e altri prodotti agricoli al momento del raccolto,  ascoltare le loro richieste di aiuto e/o di prestito quando si trovano in difficoltà, prestare attenzione alla loro reale e difficile situazione di vita e non essere duri o poco rispettosi per le loro difficoltà economiche, ma anzi essergli vicini  nella consapevolezza che il D-io legislatore è anche il D-io misericordioso che ascolta  il grido e il lamento degli umili.
“Ed Io li ascolterò perché sono misericordioso”.

Per quanto riguarda lo straniero, la Torà ribadisce per ben 36 volte il richiamo ad essere sensibili alla sua sofferenza e alla sua debolezza anche psicologica, alla necessità di trattarlo con equità e rispetto aiutandolo a diventare un cittadino a pieno titolo.
Se la Torà sottolinea regole pratiche di comportamento dove giustizia, legalità e misericordia devono trovare il giusto equilibrio che permetta anche al più debole di far parte della società e partecipare alla vita sociale con una propria dignità, i profeti posteriori, Isaia, Geremia  Ezechiele ed altri ancora come Amos, ribadiscono in vari capitoli di insegnamento morale la priorità e la prevalenza della misericordia e l’attenzione offerta al povero e lo straniero rispetto ai doveri del culto. L’insegnamento profetico non intende ovviamente, nella lettura ebraica dei testi profetici,  svalutare il servizio sacro al Tempio, ma sottolineare ed equilibrare il culto al Tempio con l’aspetto sociale e l’attenzione religiosa personale alle situazioni dei più deboli della società, i poveri, gli schiavi, gli stranieri (Isaia).
Alla situazione della straniera e al trattamento sensibile e attento offertole da parte di un lontano parente, è dedicato il libro di Ruth. Le opere misericordiose di Boaz permettono a Ruth, una vedova Moabita, di diventare la progenitrice di David, il futuro re d’Israele.
Se tutti questi precetti sono ben chiari ed evidenti nella Torà e nei richiami dei profeti nel periodo del Primo Tempio, non di meno sono presenti come insegnamento e riflessione teologica durante il periodo del Secondo Tempio di Gerusalemme (586 p.E.V.- 70 E.V.) e nella letteratura rabbinica dei primi secoli.

Un Midrash di profonda riflessione rabbinica degli anni successivi alla distruzione del Tempio narra che due rabbini, Rabbi Yohanan Ben Zachai e Rabbi Yehoshua, i quali hanno vissuto e servito al Tempio prima della sua distruzione da parte dei Romani,  concordano di andare visitare le rovine del Tempio a Gerusalemme. Al culmine del loro pellegrinaggio vedono uscire dalle rovine del Tempio, dal luogo più sacro, una volpe, animale impuro, che evidenzia lo stato di profanazione nel quale è caduto il luogo sacro che prima serviva per espiare i peccati della collettività e dei singoli d’Israele. Vedendo questo stato di cose, Rabbi Yehoshua, disperato, si mise a piangere dicendo:
“Il luogo più sacro che espiava i peccati d’Israele è profondamente profanato. Da dove verrà ora la nostra espiazione e il nostro perdono?”.
Rabbi Yohanan gli rispose con un sorriso: “Non aver paura Rabbi Yehoshua, abbiamo altri mezzi altrettanto validi ed efficaci d’espiazione, validi quanto i sacrifici”.
“E quali sono?”, chiese Rabbi Yehoshua.
Sempre sorridendo, Rabbi Yohanan gli rispose: “Sono le opere sociali di misericordia”.
“E quali possono essere quelle opere”, chiese Rabbi Yehoshua.  Rabbi Yohanan rispose: “Sono gesti semplici, atti quotidiani: accompagnare il defunto alla sepoltura, rallegrare la sposa,  offrire una moneta al povero”.
Gesti riassunti poi nell’espressione rabbinica di quell’epoca: Teshuvà, Tefilà e Tzedakà ma’avirin et roa ha Gezera. Una espressione coniata alla fine del periodo del culto dei sacrifici avvenuto in tutte e tre le religioni dei primi secoli, il paganesimo, il cristianesimo e l’ebraismo in primis, che dice: “Il pentimento, la preghiera ed il digiuno, e la misericordia espiano e fanno cadere  il decreto stabilito contro chi ha peccato”.
Questo Midrash, o  racconto, dei primi secoli mette in evidenza la grande importanza teologica e pratica allo stesso tempo data nel pensiero e nell’insegnamento rabbinico alla misericordia e all’opera sociale che mira a migliorare il mondo e la società.
Così il Midrash caratterizza i figli d’Israele, figli di Abramo loro antenato, come Misericordiosi figli di Misericordiosi, ed invita i fedeli ad immedisimarsi con la grande figura del patriarca, conosciuto per la sua lealtà al divino, per il suo insegnamento a seguire le vie del Signore, “vie di giustizia e di misericordia”.

Preghiamo dal profondo del nostro cuore che D-io Hashem ci aiuti a vincere anche le sfide dei nostri tempi difficili, ci aiuti ad accogliere ed aprire le nostri mani a coloro che soffrono oggi la guerra, la povertà e l’abbandono, offrendo loro i nostri cuori e la nostra solidarietà, la solidarietà del Divino Creatore, che ascolta il pianto di coloro che soffrono la fame e l’emarginazione, attuando il suggerimento del Midrash: “Segui e assomiglia al Signore”.
“Ma è possibile per l’uomo di essere simile al Signore?”, si chiede il Midrash. E risponde: “Segui le Sue misure e il Suo comportamento. Come Lui è misericordioso, sii misericordioso anche tu. Come Lui visita gli ammalati, visita gli ammalati anche tu” (si intende la visita dei messaggeri ad Abramo quando era ancora sofferente per la circoncisione fatta pochi giorni prima di quell’incontro). E così di seguito.
Alla sofferenza e all’agonia inflittaci in questi tempi con aggressività inaudita, sapremo rispondere seguendo le vie del Signore: Vie di misericordia.
*Rabbino Capo della Comunità ebraica di Firenze