Sussidio di Quaresima 2018 – IV Settimana di Quaresima

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IV Settimana di Quaresima

Lunedì 12 marzo 2018

Ti lodiamo, Spirito della gioia!

Vieni, abita in noi,

non permettere che le fatiche della vita

chiudano il nostro cuore alla gioia.

In te anche i dolori più grandi trovano pace.

Con te la salvezza di Dio diventa esperienza concreta.

Per te la gioia abita la nostra terra. Amen.

 

Dal Vangelo di Giovanni (Gv 3,16-18)

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

 

Riflessione: Chiamati alla gioia

Il Signore pone a noi la questione essenziale, centrale, quella della fede. Per avere la vita occorre innalzare lo sguardo e credere in Lui. Se non alzi lo sguardo a Colui che è innalzato, innalzato sul trono della croce, non avrai la vita. A noi sembra un’incongruenza il credere oltre il visibile. Anche S. Girolamo dice:” Mi aspetto l’obiezione:” Perché dunque io credo, se non comprendo? Risponderò con tutta semplicità….Perché ritieni di sapere tanto poco? Se tu sai di non sapere nulla, non devi forse ritenere di aver fatto tua una grande sapienza? Il pagano vede una pietra e la ritiene Dio; il filosofo considera il firmamento e crede di percepire in esso il suo Dio. Altri scorgono il sole che sembra loro Dio. Considera dunque quanto tu superi in saggezza questa gente quando dici:” Una pietra non può essere Dio; il sole che segue il suo corso per comando di un altro non può essere Dio.. Nella confusione della tua ignoranza si nasconde una grande saggezza… Oltre a ciò tu non tieni presente il tuo nome: tu vieni detto un credente, non un pensante….”   (S.Girolamo, Commento al Sal. 91)

Con questo S. Girolamo non fa l’elogio di chi non pensa, bensì l’elogio di chi crede, di chi dà credito a una Sapienza che vince la propria ignoranza.

L’esperienza di tutti i giorni ci dice che credere in Dio vuol dire vita, non credere in Lui vuol dire smarrimento, angoscia, non senso, assurdità.

Gesù dunque ci propone oggi la letizia, la positività della fede.

Perché “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”.

Gesù non è venuto a condannare, ma a salvare, perché Dio ha tanto amato il mondo da dare (sacrificare) il suo Figlio Unigenito.

Dio ama il mondo, non quello di cui parla Giovanni che coincide con tutto ciò che si oppone a Dio, ma quello inteso come l’insieme della sua creazione.

Ho la sensazione che per molti ancora oggi il cristianesimo sia qualcosa che ci impedisce di amare il mondo.

Ha scritto Nietzsche: “Finisce la vita dove comincia il regno di Dio”! “La Chiesa combatte le passioni con l’estirpazione radicale non chiede mai come si spiritualizzi, abbellisca e divinizzi il desiderio”.

“Bisognerebbe che mi cantassero (i cristiani) dei canti migliori, per insegnarmi a credere al loro Salvatore. Bisognerebbe che i suoi discepoli avessero un’aria più libera”. (De Lubac, Il dramma dell’umanesimo ateo, Morcelliana, Brescia, 1979, p. 100)

E’ particolarmente impressionante a questo proposito la propria esperienza personale che Leopardi racconta nello “Zibaldone”:

“Io ho conosciuto intimamente una madre di famiglia che non era punto superstiziosa, ma saldissima ed esattissima nella credenza cristiana. Questa non solamente non compiangeva quei genitori che perdevano i loro figli bambini, ma li invidiava intimamente e sinceramente perché questi erano volati al paradiso senza pericoli. Trovandosi più volte in pericolo di perdere i suoi figli nella stessa età, non pregava Dio che li facesse morire perché la religione non lo permette ma gioiva cordialmente e vedendo piangere e  affliggersi il marito, si rannicchiava in se stessa e provava un vero e sensibile dispetto. Nel fondo dell’anima desiderava che fossero inutili gli uffizi che rendeva a quei poveri malati e arrivò a confessare che il solo timore che provava nell’interrogare o consultare i medici, era di sentirne opinioni o ragguagli di miglioramento. Vedendo nei malati qualche segno di morte vicina, sentiva una gioia profonda; e il giorno della loro morte, se accadeva, era per lei un giorno allegro e ameno. Considerava la bellezza come una vera disgrazia e, vedendo i suoi figli brutti o deformi, ne ringraziava Dio. Sentiva i cattivi successi dei suoi figli in questo o simili particolari con vera consolazione e si tratteneva di preferenza con loro sopra ciò che aveva sentito in loro sfavore”.( G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, 353-356, a cura di Giuseppe Pacella, Garzanti, Milano, 1991, p 279 ss.) E questa donna era sua madre! Un cristianesimo così non ama il mondo, ma non è neppure cristiano.

Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito. Credere in Lui, nel suo Amore, nella sua Croce è la vita e la vita eterna, non credere in Lui è la morte.

 

Preghiamo                                     

Io confido nel Signore.

Esulterò e mi rallegrerò per la tua misericordia,

perché hai guardato con bontà alla mia miseria.

Donami la sapienza del cuore

e custodiscimi nel tuo amore. Amen.

 

Martedì  13 marzo 2108

Spirito Santo,

che rinnovi la faccia della terra,

vieni in noi e rinnova le nostre vite.

Ardi nei nostri cuori,

purificali,

convertili,

guariscili da tutto ciò che ci allontana da te.

Vieni con potenza, Spirito di Dio!

 

Dalla lettera ai Colossesi (Col 3,1-4)

Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!  Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

 

Riflessione: La morte non è più morte ma sonno

“E’ la croce infatti che ha salvato e convertito tutto il mondo, ha bandito l’errore, ha ristabilito la verità, ha fatto della terra cielo e degli uomini angeli. Grazie a lei i demoni hanno cessato di essere temibili e sono divenuti disprezzabili; la morte non è più morte, ma sonno”. (S. Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 54, 4-5)

Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito.

Il mondo è oggetto dell’amore di Dio, è un valore sacro. Per esso il Padre offre suo Figlio. Il mondo vale il Sangue preziosissimo di Gesù. Non è quella realtà negativa, oggetto di disprezzo, da evitare, che una certa letteratura, falsamente cristiana, ci ha presentato. Gesù ci chiede una fede simpatetica col mondo. Egli è il Salvatore, Colui che viene a guarire, a ricuperare, non a condannare il mondo. Ma Gesù ci prospetta anche una fede ragionevole: scegliere la luce vuol dire scegliere la vita, scegliere le tenebre vuol dire scegliere la morte. Aspettarsi la vita dalle tenebre vuol dire essere irragionevoli. Sono liberissimo di scegliere le tenebre, ma poi non posso lamentarmi di essere al buio. Sono liberissimo di scegliere il visibile, ma non posso poi lamentarmi se il visibile, essendo finito, non mi appaga, non mi risponde e non mi corrisponde. Il Signore, infine, ci chiede una fede, come dice S. Paolo, che mi apre alla speranza e alla fiducia, perché mi avvolge nella misericordia e che già qui e ora anticipa il futuro.

Siamo già risorti, già assisi nei cieli! S. Paolo non parla al futuro, ma al passato. Si è già compiuto tutto per noi, misteriosamente. Ma tutto questo è Grazia, non è sforzo, non è merito, è dono di Lui.

La fede allora è semplicemente memoria commossa e gioiosa dei suoi doni, dei suoi benefici: “Il ricordo di te Signore è la nostra gioia”.  Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion” cioè, al ricordo di Te! Una fede che ci fa leggere la nostra storia,  i nostri tradimenti, le nostre infedeltà alla luce della tenerezza premurosa di Dio; una fede che apre alla speranza e alla libertà.

 

Preghiamo

Anima mia, benedici il Signore,

non dimenticare tanti suoi benefici:

egli perdona tutte le tue colpe.

Il Signore ci doni la sapienza del cuore

e custodisca nel tuo amore. Amen.

 

Mercoledì  14 marzo 2018

Siamo qui dinanzi a te, o Spirito Santo;

sentiamo il peso delle nostre debolezze,

ma confidiamo nel tuo amore:

vieni nei nostri cuori,

mostraci la tua misericordia,

salva le nostre vite,

tu che sei glorioso e santo. Amen.

 

Salmo (Sal 42 (41) 2-3)

Come la cerva anela
ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela
a te, o Dio.
L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio?

 

Riflessione: Vogliamo vedere Gesù!

In occasione della Pasqua molta gente saliva a Gerusalemme. Fra questi anche alcuni “greci”, provenienti dunque dal paganesimo. Ormai non solo i giudei, anche i Greci vogliono vedere Gesù.

Certamente per l’Evangelista non è l’annotazione di una “curiosità”, ma la sottolineatura di un bisogno essenziale e costitutivo dell’uomo: vedere Gesù!

“Vedere Gesù” è l’unico bisogno che abbiamo, l’unico vero problema, la questione decisiva della nostra vita. Perché vedere Gesù vuol dire vedere il Volto di Dio, il Volto del Vero, del Bello, del Bene, dell’Eternità.

Vedere Gesù vuol dire vedere il volto visibile di Dio.

Il tormento dell’uomo è quello di non poter vedere l’unica cosa che gli sta a cuore, l’unico Volto senza il quale non può vivere. Vedere Gesù, vedere il Volto di Dio equivale a penetrare il mistero del mio destino, rispondere alle mie domande ultime.

Già Mosè aveva chiesto a Dio: “Mostrami la tua gloria”! (Es 33, 18) E Dio gli aveva risposto: “Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome…Ma tu non potrai vedere il mio volto perché nessun uomo può vedermi e restare vivo”. (Es 33, 18-20)

E’ l’abisso che separa il visibile dall’invisibile. Ma senza vedere l’Invisibile la vita è insopportabile!

Un grande scrittore, Ionesco, ha espresso questa sofferenza insopportabile e universale con queste parole:” Ciò che voglio penetrare è il mistero della vita e della morte, sopra tutto la morte. Mi domando: Perché? con terrore. Che cos’è il mondo? Che cos’è che mi circonda? Chi sono? Questo mio io esiste? E se esiste, dove vado? Che cosa vuol dire essere qui? Che cosa vuol dire essere? E perché ancora e sempre l’essere, perché questo essere? Chi vuole tutto? Che c’è dietro le cose? L’universo mi appare come un deposito di oggetti in disordine o, caso mai in ordine, con un insieme di corde lanciate nello spazio. Chi però le ha lanciate? E che cos’è ciò che chiamo spazio? Ciò che mi appare spazio? L’universo è finito o infinito? Ho fame e sete di conoscenza, ma devo rassegnarmi ad andare avanti e indietro nella mia gabbia, dietro le sbarre come una belva, in compagnia della mia ignoranza fondamentale. Da sempre mi pongo queste domande, da sempre ai piedi del muro, da sempre di fronte alla porta sbarrata, non esiste la chiave ed anche se riuscissi ad abbattere il muro, la massa nera, spessa, il muro sarà sempre dietro ogni muro che venga abbattuto”.

Chi scrive così, magari non lo sapeva, ma “voleva vedere Gesù.

Il verbo “vedere” è un grande protagonista in tutta la Bibbia e particolarmente in S. Giovanni.

Tutta la storia della salvezza è, da una parte, il desiderio struggente di vedere il volto di Dio e, dall’altra, sia pure misteriosamente, la Rivelazione di questo Volto.

A parte l’episodio di Mosè, già citato, sempre nell’Esodo si parla di Mosè che parlava con Dio “faccia a faccia come un uomo parla con un altro”. (Es 33,11) I 70 anziani contemplano il Dio di Israele (Es 24,10), i profeti hanno “visioni”.

Ma anche nel N.T. Giovanni dice esplicitamente: “Noi abbiamo visto la sua gloria (Gv 1,14), “Chi ha visto me ha visto il Padre”( Gv 14,9), “I nostri occhi hanno visto, le nostre mani hanno toccato il Verbo della vita”. (1 Gv,1)

 

Preghiamo

Signore, innalzo a te la mia preghiera;

nel tempo opportuno mi rivolgo a te, o Dio.

Rispondimi nel tuo grande amore,

nella tua fedeltà al patto di salvezza.

Donaci la sapienza del cuore

e custodiscici nel tuo amore. Amen.

 

Giovedì 15 marzo  2018

Spirito santo,

tu fai nuove tutte le cose.

Noi ci affidiamo a te,

speriamo in te,

viviamo per te:

ricordati di noi nella tua misericordia

e vieni a salvarci.

Gloria a te, Spirito santo!

 

Dal vangelo secondo Giovanni (17, 1-5)

Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.

 

Riflessione: L’ora della gloria

La Rivelazione dunque intende rispondere, e come, a questo incontenibile bisogno dell’uomo, quello di vedere Gesù, cioè vedere il Mistero! Ma vediamo in particolare come Gesù risponde a questa richiesta dei greci. Egli risponde annunciando misteriosamente la sua gloria.

“E’ giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo”.

La gloria nella Bibbia è la visibilità dell’amore di Dio. Al tempo dell’Esodo, durante il lungo viaggio nel deserto, quando Dio fece piovere la manna dal cielo per il suo popolo affamato, Mosè, per annunciare questo miracolo, usò queste parole: “Domani vedrete la sua gloria” cioè concretamente, il segno del suo amore, la manna.

Ma, attenzione, per Gesù l’ora della gloria è l’ora della croce. “Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore produce molto frutto”.

Non per nulla, mentre dice queste cose, Gesù stesso confessa di essere turbato di fronte alla prospettiva della passione. Ma il Padre risponde dal cielo: “L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò”!

Il Padre  ha glorificato il Suo Nome con i miracoli compiuti dal Figlio e lo glorificherà con la gloria della risurrezione.

La grande lezione dunque è questa: chi vuole vedere Gesù, il Volto del Padre, deve guardare Cristo crocifisso, innalzato da terra, centro del cosmo e della storia, gloria del Padre, manifestazione visibile dell’Amore Trinitario.

La Liturgia Rivelazione  ci annuncia una grande notizia, una grande novità: l’Invisibile si può vedere!

Non è vero che non esiste la chiave, non è vero che siamo prigionieri in una gabbia mortale, non è vero che dietro qualunque muro che io riuscissi ad abbattere ci sarà sempre un altro muro, no! L’Infinito si può vedere, ha il volto rassicurante di Gesù, più precisamente il volto di Gesù crocifisso, morto  e risorto.

“Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”.

Gesù innalzato sulla croce, rivela l’Amore sconfinato del Padre, diventa così il “segno levato sulle nazioni”, il punto omega della storia, il centro della speranza universale, la manifestazione della Gloria del Padre.

La Gloria di Gesù, paradossalmente, coincide con la sua massima umiliazione: la croce! E’ nella croce di Gesù che Dio rivela il Volto del suo Amore; è guardando Gesù crocifisso che possiamo vedere il vero Volto di Dio e quindi “sfondare” l’enigma dell’assurdo e del buio.

Il mistero del dolore di Cristo è reso con particolare realismo da un brano della lettera agli ebrei:” Nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime…e fu esaudito”.

Fu esaudito? Sembrerebbe proprio di no e invece con la risurrezione Cristo ha raggiunto il suo “compimento” (“reso perfetto”) e porta tutti noi al compimento eterno: “Perfezionato, perfezionò”.

E’ attraverso il dolore e la morte che Cristo ci rivela il suo Volto divino e rivela anche a noi il nostro vero volto.

Paradossalmente proprio nelle “preghiere e suppliche con forti grida e lacrime” di Gesù sulla croce, si manifesta la sua gloria, cioè il suo Amore vittorioso nei confronti del peccato e della morte.

E’ questa la Nuova, definitiva Alleanza, annunziata dal profeta Geremia.

Questo Dio, che già aveva dimostrato tutta la sua tenerezza quando “aveva preso per mano” il suo popolo per farlo uscire dalla schiavitù dell’Egitto, ora scrive sul cuore dei suoi la nuova legge che non è tanto una legge, quanto una nuova Alleanza, un nuovo Patto. Questa nuova legge è Cristo stesso, Lui la nuova Alleanza, il nuovo Patto.

E’ Cristo dunque il Volto che noi cerchiamo e in particolare il Volto di Cristo crocifisso. E’ proprio la sua morte, la mia Vita!

E’ il Volto del Crocifisso il Volto luminoso che placa le nostre ansie, risponde alle nostre domande e sazia la nostra fame di conoscenza.

Per questo anche noi dobbiamo rendere visibile il Volto di Dio, il Volto di Gesù nello stesso modo, mediante l’Amore.

“Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto”. “Chi ama la sua vita la perde, chi odia la sua vita la conserverà per la vita eterna”.

E’ la croce di Gesù, lo strumento di quella Alleanza nuova di cui parla la prima lettura.

Questa nuova Alleanza, definisce non più un’appartenenza nazionale, ma spirituale e quindi universale. Questa Alleanza costituirà un’assoluta novità perché “Dio perdonerà la loro iniquità e non si ricorderà più dei loro peccati”.

 

Preghiamo

Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.

Cercate il Signore e la sua potenza,

cercate sempre il suo volto.

Il Signore ci doni la sapienza del cuore

e ci custodisca nel suo amore. Amen.

 

Venerdì  16 marzo 2018

Spirito santo, Signore che doni la vita,

tu sei vicino a quanti sono nella sofferenza e nella prova.

Avvolgi nella tua tenerezza tutta l’umanità

che geme e attende la liberazione:

vieni, consola, guarisci,

dona gioia e pace ad ogni cuore.  Amen.

 

Dal libro del profeta Isaia (Is 53, 1-5)

Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per poterci piacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.

Riflessione: Gesù, Servo sofferente

Il Servo di Jahwè è il simbolo e l’anticipazione del vero Servo sofferente di Jahwè, Cristo Gesù.

Il paradosso è che proprio questo Servo sofferente è Colui che consola gli sfiduciati, mentre Lui stesso è oggetto di persecuzioni e tormenti. “Il Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola”.

Colui che deve consolare è lo stesso che dice: “Ho presentato il  dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba, non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”.

Il Messia sofferente e perseguitato salva col suo dolore, guarisce con le sue ferite, ci dà la vita con la sua morte.

Questo è detto in maniera ancora più forte e solenne nella lettera ai Filippesi di S. Paolo. Cristo Gesù, uguale a Dio, si è spogliato della sua divinità, anzi molto di più; il testo greco dice: “ekènosen”, che letteralmente vuol dire si annullò, si annientò, si svuotò, si azzerò.

Gesù che è il Tutto, si fece nulla. Prese la forma di schiavo, assunse la carne mortale egli che è il Signore, egli che è immortale. Egli, la Vita, si fece morte. Egli, senza peccato, si fece peccato.

Per questo Dio lo ha esaltato, innalzato e lo ha costituito Signore.

E “Signore” è la qualifica del Cristo Pasquale, del Cristo Risorto.

Gesù consola noi sfiduciati con la sua Risurrezione che diventa anche la nostra.

E questo, paradossalmente, diventa particolarmente vero nelle lunghe e drammatiche pagine del racconto della  Passione secondo Marco. In esse emerge un fatto sorprendente e consolante: nel “terribile” quotidiano, nell’ordinaria miseria dell’uomo, di cui Giuda, Pietro, il Sinedrio, Pilato, la folla danno un saggio, purtroppo, così significativo e abbondante, nella sconfortante miseria di sempre,  emerge la grandezza, la immensa Potenza del Nuovo, dello Straordinario. E’ impressionante vedere come proprio nella morte emerga la vita. Questo racconto  mostra che la Vita, la Risurrezione si fa strada proprio nelle miserie, nelle contraddizioni della nostra povera, mortale umanità.

Gesù, la vittima, in questo racconto, è veramente il Signore. Le vicende sono tutte previste, tutto va dove deve andare, ma non sono gli attori del racconto che guidano gli eventi, essi sono solo uno strumento nelle mani di Dio. Lui sì, guida lo svolgersi degli avvenimenti. E’ questa Signoria sugli eventi il pegno della Risurrezione.

C’è un occhio e un cuore che vigilano e guidano i fatti, anche quelli che sembrano i più catastrofici. E così quello che sembrava un racconto di dolore e di morte, diventa invece la rivelazione di un Mistero che trasforma il male in bene, la morte in vita.

Viviamo con particolare raccoglimento questi giorni, meditiamo questo paradigma della nostra vita che è la Passione, per potere partecipare anche noi all’incredibile vittoria sulla morte che è la Pasqua di Risurrezione del Signore Gesù.

 

Preghiamo                                     

Salvami, o Dio, per il tuo nome,

e nella tua potenza rendimi giustizia.

Ascolta, o Dio, la mia preghiera,

porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.

Donami la sapienza del cuore

e custodiscimi nel tuo amore. Amen.

 

Sabato 17 marzo 2018

Vieni, Spirito Santo,

vieni Spirito Consolatore,

vieni e consola il cuore di ogni uomo.

Vieni, Spirito Santo,

vieni Spirito della luce,

vieni e libera il cuore di ogni uomo.

Vieni, Spirito Santo,

vieni Spirito di verità e di amore,

vieni e ricolma di te il cuore di ogni uomo:

tu sei il nostro rifugio. Amen.

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 4,7-10.16-18)

Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva»….

Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».

 

Riflessione: Il Signore è in mezzo a noi sì o no?

Questa è la domanda capitale della nostra vita.

Dostoevskij ha scritto: “Il problema principale è quello che ha tormentato coscientemente e inconscientemente tutta la mia vita, l’esistenza di Dio”.(Dostoevskij, Epistolario vol. II Ed. Scientifiche italiane, Napoli 1951, p. 259)

Uno scrittore svedese, morto a 31 anni suicida, ha scritto: ” Mi manca la fede e non potrò mai quindi essere un uomo felice, perché un uomo felice non può avere il timore che la sua vita sia solo un vagare insensato verso una morte certa”.

Ecco la grande sete di cui ci parla la Scrittura.

“Il popolo soffriva la sete” nel deserto; Gesù assetato e stanco dice alla samaritana: “Dammi da bere”!

Anche la Samaritana, a sua volta, dice a Gesù:” Dammi quest’acqua perché non abbia più sete”! Gesù sulla croce al termine della sua vita terrena grida: “Ho sete”!

E’ il dramma umano: la sete.

Non riuscendo a fidarsi di Dio, gli uomini hanno deciso di dissetarsi da sé.

Il Cardinale Lustiger, Arcivescovo emerito di Parigi, ha affermato:” La negazione di Dio e della sua esistenza, il rifiuto del Padre, della sua legge e della sua Alleanza appaiono nei vari umanesimi atei, creati da orfani che cercano in se stessi gli strumenti dell’onnipotenza”. Ma…” il rifiuto del Padre ha portato all’uccisione del fratello, nonostante il fatto che fra i popoli d’Europa fosse onnipresente la figura del Crocifisso e che essi, in maggioranza lo riconoscessero come il Figlio di Dio”. (Oss. Romano 6/3/99) Ma com’è stato possibile ? Si trattava di popoli cristiani!

Oggi forse abbiamo una situazione ancora più grave: una sete “sedata”, anestetizzata.

Si afferra il momento, l’attimo fuggente, il “frammento”, spremendo da esso il massimo godimento possibile, convinti che la sete vera rimarrà inappagata. Consumismo fine a se stesso.

“Le cose presenti sono soltanto una “figura”. Il loro è un “divenire”, non un “essere”. (S. Gregorio Palamas, “Abbassò i cieli e discese” Ed. Qiqajon  Comunità di Bose p.165)

Certi episodi di cronaca confermano tragicamente queste affermazioni e ci devono far riflettere.

Dobbiamo risvegliare la sete profonda, non anestetizzarla con l’illusione di non soffrire o con il pretesto di non far soffrire. Anestetizzando la sete soffriamo e facciamo soffrire molto di più.

Gesù con la Samaritana non ha fatto così. Non ha anestetizzato affatto la sua sete, anzi l’ha fatta venir fuori in tutta la sua drammaticità.

Egli si pone davanti a lei con verità e semplicità:” Dammi da bere”! E’ mezzogiorno. Ha camminato a lungo. E’ stanco e accaldato sotto il sole implacabile della Palestina.

Così facendo rompe con i pregiudizi del tempo, senza paura, con grande libertà. Parla con una donna, quando un Rabbi non parlava, fuori di casa, nemmeno con la sua donna; parla con una samaritana quindi con una persona appartenente a un’altra razza e a un’altra religione, per gli ebrei quasi pagana, comunque per lo meno scismatica. Stabilisce con lei un rapporto personale, è attento al suo vissuto, alla sua persona, al suo dramma, legge dentro la sua sete.

“Va’ a chiamare tuo marito”, le dice. E lei di rimando: “Non ho marito”. “E’ vero, ne hai avuti cinque e quello che hai adesso non è tuo marito. Hai detto il vero”!

Ecco in poche battute svelato il dramma di una donna che cerca l’amore, la pienezza, la realizzazione.

La samaritana è figura di questa ansiosa ricerca , di questa sete bruciante del cuore umano. Una donna che ha cercato la felicità, l’amore cinque volte, e ora è al sesto tentativo. Una vita irrequieta, una sete implacabile che non riesce a trovare la fonte giusta. Gesù aveva chiesto da bere a lei, ma è lei quella più divorata dalla sete.

E’ la fede in Gesù, Messia, Salvatore, compimento delle promesse, è questa fede l’acqua che disseta per la vita eterna. Quest’acqua rende tutta la vita un culto di amore a Dio, un’adorazione continua, è quest’acqua che trasforma tutta l’esistenza, tutta la storia in una incessante Liturgia.

 

Preghiamo

Flutti di morte mi hanno circondato,

mi hanno stretto dolori d’inferno;

nella mia angoscia ho invocato il Signore,

dal suo tempio ha ascoltato la mia voce.

Donami, Signore, la sapienza del cuore

e custodiscimi nel tuo amore. Amen.